Questo articolo è stato pubblicato il 07 febbraio 2011 alle ore 06:41.
A difesa del patrimonio aziendale il datore di lavoro può controllare «a distanza» il proprio dipendente che tiene comportamenti illeciti. In questi casi, infatti, si esula dal divieto posto dall'articolo 4 dello Statuto dei lavoratori (legge 300/1970) che tutela la privacy dei dipendenti nello svolgimento dell'attività. Lo afferma la Cassazione (quinta sezione penale, sentenza n. 20722/2010) che ammette la legittimità dei controlli di un'agenzia investigativa contro attività fraudolente del dipendente. Nella vicenda specifica era stata filmata – a sua insaputa – la cassiera di un bar che rubava dalla cassa del bar stesso.
La sottile linea che separa le condotte datoriali legittime da quelle che non lo sono, è dunque autorevolmente tracciata da questa decisione: sono sicuramente fuori dal divieto di controllo a distanza le verifiche dirette ad accertare comportamenti illeciti del lavoratore come nel caso in cui si riscontrino ammanchi di cassa, per quanti hanno maneggio di denaro. In queste ipotesi – cosiddetti "controlli difensivi" – sono lecite e utilizzabili le riprese da apparecchi di videosorveglianza che comprovano il reato di appropriazione indebita: ma le immagini solo utili solo a tali fini e a ulteriori, magari disciplinari. Quando i riscontri siano vietati, l'uso di telecamere o di altre apparecchiature di controllo a distanza comporta, sul piano processuale, che non può attribuirsi alcun valore probatorio ai risultati dei controlli illegittimamente eseguiti. Né a fini disciplinari, né risarcitori (Cassazione n. 8250/2000)
Uno sforzo interpretativo per individuare punti di compromesso tra le esigenze di controllo dell'azienda e di tutela della riservatezza personale del lavoratore non è svolto solo dai giudici ma anche dal Garante per la privacy che cerca di ridurre le distanze tra le disposizioni di legge (e i relativi vuoti normativi) e le nuove tecnologie: come è avvenuto con il provvedimento generale in materia di trattamento dei dati personali e videosorveglianza dell'8 aprile 2010 che ha ripreso e superato quello del 2004.
In ogni caso l'azienda deve rispettare numerosi paletti nel verificare ciò che fa il proprio dipendente: la mancanza delle dovute cautele può far scattare anche richieste di risarcimento danni da parte dei lavoratori. Come è accaduto in un caso deciso di recente dalla Corte di appello di Venezia. Il dipendente di un'azienda industriale in malattia era stato fotografato a compiere attività presso l'azienda agricola di famiglia da un investigatore privato incaricato dal datore di lavoro. Rastrellare e girare fieno era stato ritenuto inconciliabile con lo stato di malattia ed era scattato il licenziamento in tronco.
01|Cassazione, 23 febbraio 2010, n. 4375
Le garanzie imposte dall'articolo 4 dello Statuto dei lavoratori per l'installazione di impianti e apparecchiature di controllo richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori, trovano applicazione anche ai controlli cd "difensivi", ovvero a quei controlli diretti ad accertare comportamenti illeciti dei lavoratori, quando tali comportamenti riguardino l'esatto adempimento delle obbligazioni discendenti dal rapporto di lavoro e non la tutela dei beni estranei al rapporto stesso
02|Cassazione, 1° giugno 2010, n. 20722
Atteso che ai fini dell'operatività del divieto di utilizzo di apparecchiature per il controllo a distanza dell'attività dei lavoratori
è necessario che il controllo riguardi
(direttamente o indirettamente) l'attività lavorativa, mentre devono ritenersi
certamente fuori dell'ambito
di applicazione della norma i controlli diretti
ad accertare condotte illecite del lavoratore,
sono lecite e utilizzabili le riprese
che comprovano il reato
di appropriazione indebita aggravata
commesso dalla cassiera