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Questo articolo è stato pubblicato il 15 febbraio 2011 alle ore 06:41.
L'imposta sostitutiva del 10% sulle somme collegate alla produttività è subordinata a un accordo collettivo, aziendale o territoriale. Non è più ammessa l'intesa individuale per qualificare alcune somme come "corrispettivi" per la qualità, l'innovazione, l'efficienza organizzativa o la competitività aziendale.
Il presupposto dell'accordo collettivo, tuttavia, va letto "in senso ampio": non è infatti necessario il deposito del contratto alla direzione provinciale del lavoro; è sufficiente che le somme incentivanti, tassate al 10%, «siano state erogate in attuazione di quanto previsto da uno specifico accordo o contratto collettivo territoriale o aziendale, della cui esistenza il datore di lavoro, su richiesta, dovrà fornire prova».
È il datore di lavoro a giudicare finalizzate alla produttività le modalità organizzative previste nei contratti collettivi, aziendali o territoriali, ma non è necessario che la valutazione sia contenuta negli accordi.
Il ministero del Lavoro e l'agenzia delle Entrate, con una circolare, stanno mettendo in chiaro le regole per le somme relative alla produttività, dopo le modifiche del Dl 78/2010 e la proroga contenuta nella legge 220/2010.
Quest'anno l'imposta sostitutiva del 10% si può applicare su un plafond massimo di 6mila euro a quanti hanno percepito, nel 2010, un reddito di 40mila euro (al lordo delle somme eventualmente tassate con l'imposta agevolata). Ciò che in queste settimane ha bloccato i datori di lavoro dall'applicare il bonus (si veda «Il Sole 24 Ore» del 6 febbraio) è il requisito - previsto nel Dl 78 - dell'accordo collettivo, territoriale o aziendale. In pratica - ed è questa l'interpretazione che dovrebbe essere sancita nella circolare congiunta Lavoro-Entrate - la legge di stabilità con la conferma della tassazione sostitutiva non ha voluto superare il requisito dell'accordo collettivo fissato dal Dl 78/2010. Tuttavia, secondo la circolare «non esiste un onere di tipo formale». Gli incrementi di produttività possono trovare la loro fonte «in accordi collettivi non cristallizzati in un documento cartolare». Ecco perché si può parlare di diritto verbale, con la specificazione che ciò è riconducibile «al generale principio di libertà di azione sindacale».