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Questo articolo è stato pubblicato il 23 febbraio 2011 alle ore 06:43.
Gli imprenditori lo dicono ormai da tempo e lo ribadiscono a maggior ragione oggi che anche la Corte di cassazione lo ha messo nero su bianco: la collusione con le mafie, la mediazione parassitaria e mafiosa, sono nemici del mercato e della libertà delle imprese. Lo hanno detto e ripetuto migliaia di volte ormai gli imprenditori siciliani (dal presidente Ivan Lo Bello al delegato di Confindustria e vicepresidente Antonello Montante) che con atti concreti hanno dimostrato che rompere con le collusioni è possibile e auspicabile con il principio (codificato nello statuto): fuori dal sistema chi non denuncia ma soprattutto chi è colluso con la mafia.
Lo ribadiscono ancora oggi gli imprenditori del Sud, ognuno con la propria esperienza e il proprio impegno. Si prenda Pippo Callipo, imprenditore calabrese del tonno prima e del turismo poi, già presidente dei Confindustria Calabria e oggi coordinatore dei reggenti di Confindustria Reggio Calabria che qualche settimana fa è stato preso di mira (qualcuno ha sparato contro le sue insegne) e non è la prima volta: «Lo dico da dieci anni che la collusione con la criminalità organizzata ammazza la concorrenza e il libero mercato». E detta così potrebbe sembrare la solita frase di circostanza o autocelebrativa. E invece Callipo scende nel particolare puntando l'indice contro l'industria della protezione mafiosa e contro quegli imprenditori che questa industria accettano: «Lo scriva – dice – lo scriva pure: ci sono imprenditori che possono avere addetti sottopagati cui fanno firmare una busta paga ma non li pagano quanto è dichiarato in busta. Questa, soprattutto nel settore turistico, è concorrenza sleale. Una concorrenza sleale che non sarebbe possibile se non ci fosse dietro la protezione della 'ndrangheta: senza la 'ndrangheta nessun operaio accetterebbe mai di essere sottopagato. L'ho detto anche ai magistrati, l'ho denunciato. È una situazione insostenibile».
Ma quello di cui parla Callipo è solo un aspetto di una situazione complessa e articolata poiché la Cassazione fissa definitivamente un principio giuridico impedendo per il futuro sacche di ambiguità. Un riferimento certo anche per i magistrati che, spesso in buona fede, si trovano a decidere su questioni molto controverse.