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Questo articolo è stato pubblicato il 27 novembre 2014 alle ore 07:06.
L'ultima modifica è del 27 novembre 2014 alle ore 07:32.

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Torna il “tetto” alle pensioni cosiddette “d'oro” riconosciute a lavoratori con almeno 18 anni di versamenti al 31 dicembre 1995 per i quali dal gennaio 2012 si applica in pro-quota il calcolo contributivo. L'emendamento riformulato dal Governo che entra in Stabilità prevede, sia per gli assegni già in pagamento sia per le pensioni liquidate a partire dal gennaio prossimo, che l'importo complessivo del trattamento «non può eccedere quello che sarebbe stato liquidato con l'applicazione delle regole di calcolo vigenti» prima dell'entrata in vigore della riforma Fornero.

In pratica: non verranno toccati gli assegni già liquidati a chi, superati i 40 anni di contributi, ha proseguito a lavorare e si è pensionato negli ultimi mesi ma verranno invece toccati gli assegni futuri. Il riconoscimento dei contributi versati ai fini del calcolo della pensione varrà fino a 42 anni e sei mesi per gli uomini e 41 anni e sei mesi per le donne. Chi andrà oltre questi tetti non cumulerà più nulla e la sua pensione non crescerà più. Nella nota tecnica che accompagna l'emendamento non si parla di risparmi di spesa («dipendono dalla scelte comportametali conseguenti») ma si dice che se ci saranno risparmi verranno utilizzati nell'ambito della previdenza. Gli interessati non dovrebbero superare le 160mila unità entro il 2024, secondo stime Inps. Si tratta di magistrati, alti burocrati, medici o docenti universitari per lo più.

Vale ricordare che sulle pensioni più elevate (oltre sei volte il minimo ovvero pari a 3.500 euro) quest'anno è previsto il blocco della perquazione, mentre dal 2016 tornerà solo al 45%. Sono poi sempre in vigore i prelievi di solidarietà (dal 2014 al 2016) introdotti dalla legge di Stabilità del governo Letta e che finora hanno resistito ai ricorsi. Si tratta, vale ricordarlo, di un prelievo del 6% sulla parte di assegno eccedente 14 volte il minimo (circa 90mila euro), del 12% sulla parte compresa da le 14 e le 20 volte superiore il minimo e del 18% sulla parte eccedente di trenta volte il minimo.

L'altro emendamento accolto è dell'onorevole Maria Luisa Gnecchi (Pd) e cancella le penalizzazioni sull'anticipo della pensione rispetto ai 62 anni per chi ha maturato 42 anni e 6 mesi (se uomo) o 41 anni e 6 mesi (se donna). Si cancella, con questa correzione, la «prestazione effettiva di lavoro» come base di calcolo per il requisito contributivo, al netto cioè di varie forme di permessi o sospensioni dal lavoro cumulate nell'arco dell'intera carriera. La cancellazione delle penalizzazioni (1% per il primi 2 anni e 2% per i successivi di anticipo sui 62) vale per le pensioni future e fino a fine 2017. La maggiore spesa prevista non dovrebbe superare i 5 milioni nel 2015 e i 15 milioni nel 2016.

Il tema della maggiore flessibilità in uscita dei lavoratori resta «in agenda» ma non sarà affrontato a breve, ha detto ieri il ministro Giuliano Poletti: «non c'è nulla nella legge di stabilità e quindi ad ora non ci sono passaggi definiti».

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