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Notizie Medio Oriente e Africa

È americano il capo dei ribelli islamici in Somalia

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Questo articolo è stato pubblicato il 26 maggio 2010 alle ore 08:00.

Gli occhi spiritati, la barba lunga con il fucile in mano e la kafiah in testa: «Sono diventato un somalo. Io ho l'odio. Io ho l'amore. Non potevo sognare una vita più bella di questa». Le parole del video che gira su YouTube hanno il sapore della propaganda e dell'esaltazione. A scandirle è Omar Hammami, ragazzo di 26 anni, nato in Alabama, America profonda, che ora si trova a fare una "bella vita" a Mogadiscio con il nome di guerra di Abou Mansoor al-Amriki - l'americano - alla guida dei ribelli islamici al-Shabab che combattono contro il governo transitorio (anch'esso islamico ma moderato) e contro la modernità.

Dall'Alabama a Mogadiscio
La storia di Omar Hammami è stata raccontata dal New York Times e ha fatto in breve il giro del mondo. Una storia paradossale. Considerando che la Somalia è una terra di nessuno, bestia nera per gli americani e la loro lotta al terrorismo e che a capo dei terroristi somali c'è proprio un ragazzo americano, dalla testa ai piedi, figlio di un ingegnere siriano e di una maestra americana. Cresciuto in un paese del Sud, in Alabama, terra di coltivazioni di cotone e di epopea blues, il giovane Omar ha frequentato la chiesa battista fino ai suoi 15 anni. Cantava a Natale nel coro della parrocchia. Gli amici lo ricordano come un tipo brillante, appassionato dei Nirvana e dei videogiochi sulla Nintendo. Teen ager cresciuto ad hamburger e onion ring che leggeva Shakespeare e sognava di diventare medico chirurgo. Dieci anni dopo, Omar è finito a 13mila km di distanza dalla sua Alabama a fare la "bella vita" nel Corno D'Africa. Ormai la sua casa è l'inferno di Mogadiscio: è diventato il capo delle milizie islamiche tra le più brutali nel mondo, gli al-Shabab, legati a doppio giro alla rete di al-Qaeda, che si sono dati come obiettivo quello di sconfiggere il fragile governo di transizione somalo, anch'esso islamico, ma moderato, sostenuto dagli Stati Uniti e dalla comunità internazionale.

Contro la modernità
Due giorni fa gli shabab hanno attaccato la sede del palazzo presidenziale a Mogadiscio. I caschi blu africani sono riusciti a respingere l'attacco. Per ora. Gli shabab hanno reso la capitale somala una città fantasma. Hanno perfino vietato il gioco del calcio, la palla in strada e l'uso dei videogiochi. Contrari, dicono, alle regole dell'Islam. Quale Islam? Qualche mese fa hanno messo una bomba in un albergo dove il ministro di transizione somalo all'istruzione premiava alcuni ragazzi che nell'inferno somalo erano riusciti a laurearsi.

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Somalia: shabab attaccano palazzo presidenziale

Gli shabab, i fondamentalisti islamici somali legati ad al Qaida, hanno attaccato ieri sera il

Tags Correlati: Al Qaeda | Camera dei deputati | Canada | Central Intelligence Agency | Islam | Mogadiscio | Mohamed Abdille | Nintendo | Omar Hammami | Stati Uniti d'America

 

Rap e guerra santa
La Somalia è diventata negli ultimi anni il punto di ritrovo degli jihaidisti provenienti da tutto il mondo. Gli americani arrivati qui per fare la guerra santa sono più di una ventina, secondo la Cia. Nati da genitori somali perlopiù, cresciuti nelle periferie delle metropoli Usa. Omar che qui ha preso il nome di guerra di Abou Mansoor al-Amriki - che significa l'americano - non ci ha messo molto a emergere e a diventare un leader. In un recente video su YouTube lo si vede al comando di un gruppo di ribelli armati, con il sottofondo di un rap islamista mentre si rivolge, lo sguardo fisso alla camera, e grida sicuro di sé, come se stesse facendo la cosa più normale del mondo, che a Mogadiscio gli shabab sono pronti: «Stiamo aspettando il nemico. Lo uccideremo».

"L'americano"
In soli tre anni Hammami è diventato il capo riconosciuto degli shabab. "L'americano" prepara gli attacchi a Mogadiscio e definisce le strategie di guerra con i responsabili di al-Qaida. E' diventato una sorta di icona di combattente islamico per i fanatici della guerra santa e attira, con il suo esempio, centinaia di combattenti stranieri. Ma la sua conversione all'Islam radicale è maturata da poco. Dopo l'attentato dell'11 settembre e con la guerra in Irak. Poco a poco imbraccia la dottrina salafita e si convince che se i musulmani nel mondo soffrono è perché hanno perduto la loro vera religione. Bisogna, dice, lanciarsi in una guerra santa spirituale e praticare i precetti della religione con vera devozione. Comincia a non ascoltare più musica, a non guardare più le ragazze della sua età, a badare di non dormire mai rivolto di schiena alla Mecca. Nel 2002 abbandona l'Università perché non sopporta più stare assieme a persone diverse da lui. Si trasferisce a Toronto, in Canada, dove vive una importante comunità musulmana. Da lì comincia a considerare gli Stati Uniti, suo paese natale, in maniera differente: il nemico da combattere. Sposa una bella ragazza somala, Sadiyo Mohamed Abdille, rifugiata in Canada. Ma dopo pochi mesi, decidono di andare a vivere in un paese musulmano e si trasferiscono in Egitto. Ormai Omar parla arabo correttamente. Il Sud, cioè la Somalia, è la sua terra santa. Si trasferisce lì e comincia a combattere a nome dell'Islam nella guerra civile che dal 1991 ha devastato l'ex colonia italiana, in un caos infernale tra signori della guerra, fazioni e pirati. E' intelligente, preparato, conosce bene le nuove tecnologie e non ci mette molto a diventare il capo delle operazioni militari dei ribelli. Il resto è cronaca.

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