Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 25 maggio 2010 alle ore 16:50.
La Corea del Nord agita lo spettro della guerra e rompe tutti i rapporti con Seul, rifiutando qualsiasi dialogo per il restante mandato del presidente Lee Myung-bak ed espellendo i 2mila dipendenti sudcoreani dall'area industriale di Kaesong. Che la pace sia affidata a un fragile equilibrio è testimoniato dal fatto che i rapporti bilaterali saranno regolati «dalle leggi in tempo di guerra». Pyongyang ha accusato la marina militare di Seul di avere violato la propria frontiera, penetrando nelle sue acque territoriali.
Il "caro leader" Kim Jong-il, secondo il gruppo di rifugiati nordcoreani a Seul, North Korea Intellectuals Solidarity (Nkis), ha ordinato la massima allerta alle truppe, con «soldati sul piede di guerra» e «pronti a combattere se attaccati»: uno scenario sufficiente a far crollare la piazza finanziaria di Seul e il won, scivolato ai minimi da luglio 2009 sul dollaro.
La brusca svolta è giunta mentre la Corea del Sud, in pressing sulla Cina, ha strappato alla Russia l'impegno per «consultazioni ravvicinate», negli sforzi per ottenere una condanna internazionale con nuove sanzioni delle Nazioni Unite contro il Nord, ritenuto responsabile dell'affondamento della corvetta Cheonan, in cui sono morti 46 marinai. Seul ha promesso di voler «far pagare» al Nord «il prezzo» dell'affondamento della Cheonan, il 27 marzo scorso, chiedendo all'Onu delle nuove sanzioni contro Pyongyang e sospendendo le relazioni commerciali bilaterali.
Wu Dawei, rappresentante speciale di Pechino per gli affari della penisola coreana, ha incontrato oggi a Seul il ministro degli Esteri sudcoreano, Yu Myung-hwan, e il capo dei colloqui sul nucleare, Wi Sung-lac, sulla situazione venutasi a creare nella penisola.
«La posizione cinese appare ancora poco chiara», ha detto in forma anonima all'agenzia Yonhap, un funzionario di Seul. «Quello su cui ha puntato la controparte cinese è stata principalmente il mantenimento della stabilità e della pace».
A differenza di altri Paesi, Pechino, l'alleato più stretto del regime di Kim Jong-il, non ha preso posizione sull'accaduto dopo che giovedì una commissione internazionale di esperti ha attribuito a un siluro di Pyongyang la causa della tragedia costata la vita a 46 marinai. Gli incontri di Seul, ha aggiunto la fonte, sono serviti a Wu per promuovere «la comprensione reciproca: credo che si debba aspettare più di quanto si poteva ipotizzare prima di vedere la posizione cinese».