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Questo articolo è stato pubblicato il 31 maggio 2010 alle ore 15:20.
Tra Turchia e Israele è la fine di una lunga relazione speciale consolidata da decenni di stretta alleanza militare e fitti rapporti commerciali. Un divorzio annunciato e iniziato due anni or sono nelle nevi svizzere del World economic forum di Davos con la clamorosa polemica tra il premier turco Recep Rayyip Erdogan e il presidente israeliano Simon Peres e poi passato all'annullamento di manovre militari congiunte in Anatolia fino all'assalto israeliano alla flottiglia, tra cui una nave battente bandiera della Mezzaluna turca, che ha provocato 19 morti tra cui diversi turchi.
Ankara ha duramente condannato l'assalto armato da parte della marina militare israeliana contro la flottiglia di attivisti filo-palestinesi che si recavano a Gaza con aiuti umanitari ed ha sottolineato che «questo sfortunato evento, avvenuto in mare aperto in violazione della legge internazionale, può condurre a irreparabili conseguenze nelle nostre relazioni bilaterali» con Israele. Parole dure che non presagiscono nulla di buono soprattutto ricordando che a Gaza comanda Hamas, alleato di Teheran. Che sta succedendo dunque ad Ankara? Quella di oggi è solo l'ultima di una serie di decisioni di avvicinamento a Oriente (e a Teheran) e molto inquietanti per l'Occidente che vede una fedele alleato e membro della Nato scivolare pericolosamente verso posizioni filoislamiche o di ricerca di una leadership del mondo arabo.
Dopo decadi di attenzione a Ovest Ankara sta tornando a guardare ai suo vicini a Est cercando di tornare sui vecchi passi della diplomazia ottomana e suscitando più di un timore tra i suoi alleati occidentali. L'ultima mossa diplomatica di questo nuovo interventismo è stata l'intesa tra Turchia, Brasile e Iran su uno scambio di uranio arricchito senza il coinvolgimento dell'Aiea, l'Agenzia atomica delle Nazioni Unite. A Washington non è piaciuto il tentativo turco-brasiliano di bypassare le Nazioni Unite senza contare che nell'intesa non c'era nessuna traccia della sospensione dell'arricchimento dell'uranio, il principale motivo di contrasto da dieci anni tra Occidente e Iran, sospettato di portare avanti un programma per produrre armi nucleari. Così il segretario di Stato americano Hillary Clinton ha bocciata sonoramente l'intesa e proseguito sulla strada delle sanzioni. Una «pessima intesa», l'ha definita Thomas Friedman sul New York Times mentre Robert Dreyfuss del Nation magazine l'ha difesa a spada tratta accusando Friedman di «arrogante imperialismo» e posizioni neoconservatori alla Robert Kagan che peraltro ha fatto notare come Obama ricalchi con le sanzioni all'Onu le posizioni di Bush.