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Napolitano polemico con Maroni sul 2 giugno: «Chiedete a lui perché non c'era»

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Questo articolo è stato pubblicato il 03 giugno 2010 alle ore 09:38.
L'ultima modifica è del 03 giugno 2010 alle ore 09:39.

Un 2 giugno di celebrazioni in tutta Italia, con qualche strappo al protocollo e il classico bagno di folla per la tradizionale parata in via dei Fori Imperiali e l'esibizione delle Frecce tricolori. Ma anche con una venatura polemica alimentata da chi solitamente non ama farne, il presidente della Repubblica. «Quella di stamane - ha dichiarato Giorgio Napolitano chiudendo i festeggiamenti - è stata una manifestazione assolutamente unitaria di popolo e di rappresentanza istituzionale, senza alcuna eccezione». Tuttavia, se si vuole sapere il perché dell'assenza del ministro dell'Interno, il leghista Roberto Maroni, «chiedetelo a lui».

Quel che è certo, «sono stati invitati tutti», ha proseguito l'inquilino del Colle, «c'erano parecchi ministri, alcuni mancavano anche ieri sera al ricevimento. Ognuno avrà le sue ragioni». Infine una battuta: «Non bisogna vedere tutto nero, non fatemi vedere tutto nero».

Napolitano è intervenuto anche sul delicato tema del ddl intercettazioni: «Non c'è stata alcuna scelta definitiva da parte della maggioranza». Il presidente ha auspicato «il massimo avvicinamento possibile tra posizioni che finora sono state contrapposte». Parlando con i giornalisti nei giardini del Quirinale, aperti al pubblico per la festa del 2 giugno, il capo dello Stato si è augurato che «dal confronto fra maggioranza e opposizione possano uscire soluzioni «più accettabili per tutti» sulla nuova normativa che regola le intercettazioni.

In serata dal vertice del Pdl a palazzo Grazioli è emersa la seguente posizione della maggioranza: tenere conto degli auspici e degli eventuali rilievi del Quirinale sul testo delle intercettazioni che può ancora essere migliorato, ma che dovrà obbligatoriamente vedere la luce in quanto previsto nel programma di governo.

Tornando alla Festa della Repubblica, proprio Maroni l'ha celebrata a Varese, ma invece dell'Inno di Mameli si sono sentite canzoni di Andrea Bocelli e Gino Paoli; all'Aquila, il sindaco Massimo Cialente ha sfilato con la fascia tricolore in mano per protesta contro la manovra; a Milano a migliaia hanno manifestato a difesa della Costituzione. Per la ricorrenza del 2 giugno, iniziative in tutte le città e - in diversi casi - non sono mancati gli strappi al protocollo.

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Il messaggio di Napolitano

Palazzo del Quirinale, 01/06/2010Messagggio del Presidente Napolitano in occasione della Festa

Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano (Ansa)

Napolitano: «Confronto e non scontro fra gli schieramenti»

Per uscire dalla crisi e assicurare all'Italia una prospettiva di sviluppo più sicuro e piùforte è

Il videomessaggio del Presidente Napolitano per la Festa della Repubblica

Tags Correlati: Andrea Bocelli | Camera dei deputati | G8 di Genova | Gianfranco Fini | Gianni Letta | Gino Paoli | Giorgio Napolitano | Governo | Guido Bertolaso | Idv | Lega | Massimo Cialente | Pd | PDL | Roma | Udc

 

La parata militare, si diceva, è andata in scena, invece, senza sbavature, magari in forma un po' ristretta per ragioni di controllo della spesa - 6.000 i partecipanti rispetto ai 6.400 della passata edizione e ai 7.200 di quella prima, una contrazione continua - ma con la consueta partecipazione. Anzi, di gente ce n'era anche di più: al completo le tribune di via dei Fori imperiali e gremita piazza Venezia per il concerto della banda militare interforze, una novità di quest'anno. «Una scommessa vinta», ha commentato il ministro della Difesa, Ignazio La Russa.

Per Napolitano, l'occasione è servita per ricordare «la forza propulsiva dei valori della nostra Costituzione». Il presidente ha lanciato un monito: «Dobbiamo lavorare insieme per la sicurezza e il benessere comune: insieme in Italia, insieme in Europa». A guastare in parte la festa, appunto, è stata solo la polemica sull'assenza alla cerimonia - e non solo a quella romana - dei leader leghisti.

Non che a Roma il Carroccio non fosse rappresentato, perchè sul palco c'erano un sottosegretario, Francesco Belsito, il vicecapogruppo alla Camera, Sebastiano Fogliato, e quello del Senato, Lorenzo Bodega, che infatti ha parlato di «polemica strumentale». Ma l'assenza dei capi lumbard ha comunque provocato critiche trasversali: «è un'offesa agli italiani», ha detto De Magistris dell'Idv; vogliono «dividere e demolire l'Italia», ha commentato il presidente della Provincia di Roma Zingaretti, del Pd; «una nota stonata e un'occasione persa», per Cesa dell'Udc; «un brutto segnale: quel che conta è che l'83% degli italiani è orgoglioso di far parte di un'unica grande nazione», ha tagliato corto il sindaco della capitale Alemanno.

La parata in cifre: 233 bandiere e medaglieri, 5.650 militari, 430 civili, 210 'quadrupedì, cioè cani e cavalli, 262 mezzi e nove velivoli, le Frecce tricolori. Sette i settori che hanno sfilato, un melting pot di uniformi, suoni, colori, di cui a ognuno è restato nelle orecchie qualcosa - come l'inno della Sassari, "Dimonios", che i fan usano anche come suoneria del telefonino - e in testa un dettaglio, un'immagine: l'eleganza delle crocerossine, ad esempio, salutata dal premier con un ampio gesto di apprezzamento.

Verso la fine, quando sono passati i mezzi e gli uomini dei vigili del fuoco e della Protezione civile, che subito rimandano alle tragedie di Haiti e dell'Aquila, il sottosegretario Gianni Letta si è alzato per andare ad abbracciare Guido Bertolaso, seduto anche lui in prima fila, non troppo lontano: un chiaro segno di solidarietà del governo per chi è finito proprio oggi in prima pagina per un nuovo capitolo dell'inchiesta sugli appalti per il G-8 che lo vede coinvolto.

Al centro del palco, accanto a Napolitano, da una parte il presidente del Senato, Renato Schifani, e quello della Consulta, Amirante, dall'altra il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e il vicepresidente della Camera, Leone (Gianfranco Fini era ad Herat, con i soldati italiani). Ripetuti gli scambi di battute, con sorrisi e persino qualche risata tra il capo dello Stato ed il premier. Un atteggiamento che non si può dire consueto. A un certo punto Berlusconi ha coinvolto Schifani: si è proteso verso il presidente della Repubblica e con una mano gli ha battuto cordialmente sul braccio: Berlusconi è sembrato raccontare una storiella che alla fine ha suscitato l'ilarità sia di Napolitano che della terza carica dello stato.

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