Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 11 giugno 2010 alle ore 16:00.
Critiche dalla stampa estera, soprattutto anglosassone, contro la legge sulle intercettazioni. Per l’Economist è una legge “controversa”che dovrebbe preoccupare “più gli inquirenti dei reporter”: il settimanale sottolinea che la lotta alla mafia dovrebbe essere più importante della privacy di Silvio Berlusconi. Le cronache mettono in evidenza l’aspro scontro in Senato e le critiche di opposizione, magistrati e giornalisti. Il Daily Mail invece punta sul clamore suscitato dall’intercettazione delle telefonate del Papa.
L’Economist presenta gli italiani come rimbecilliti e l’Italia come la patria della corruzione. E osserva che il più ovvio beneficiario della legge è Berlusconi, che l’anno scorso è stato «messo in imbarazzo» da un’inchiesta per corruzione da cui è venuto fuori che ospitava feste, invitando anche call girls.
«Tra le conseguenze del lungo predominio di Silvio Berlusconi sull’Italia è l’intorpidimento delle sensibilità democratiche dei suoi compatrioti», esordisce il settimanale, facendo notare che nemmeno si commenta il fatto che la legge più controversa in Parlamento sia messa a punto in riunioni presiedute dall’avvocato di Berlusconi, l'onorevole Ghedini.
Il settimanale ricorda che in Italia il segreto istruttorio è spesso violato e ricorda il caso di Amanda Knox e del suo ragazzo, Raffaele Sollecito, condannati per l’omicidio di Meredith Kercher.
Alcune restrizioni previste dalla legge – nota l’Economist – sono considerate normali in altri paesi. Per esempio, la legge vieta la pubblicazioni di dettagli di un’inchiesta fino a dopo l’incriminazione, quando i giornalisti possono raccontare la sostanza delle conversazioni registrate ma non le esatte parole, impedisce ai pm di fare commenti sulle loro inchieste, limita le riprese in tribunale.
«Ma l’Italia non è come altri paesi», continua. «È notoriamente corrotta, e così politica e giustizia si sovrappongono». Le restrizioni poste dalla legge rischiano dunque di compromettere la lotta contro la criminalità organizzata: «Un giudice antimafia siciliano – conclude l’Economist - ha detto che nessuno dei due ‘boss dei boss’ di Cosa Nostra sarebbe finito in carcere, se questa legge sulle intercettazioni fosse stata in vigore prima (quando sono stati arrestati, ndr). Un monito che i legislatori italiani dovrebbero prendere più seriamente del diritto di Berlusconi a mantenere privata la sua vita sessuale».