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Questo articolo è stato pubblicato il 14 giugno 2010 alle ore 12:46.
MOSCA. Sarebbero almeno 700 i morti nella sola comunità uzbeka a Jalalabad, nel sud del Kirghizistan, negli scontri etnici che si stanno producendo. Lo scrive l'agenzia di stampa Interfax, riportando una fonte della comunità uzbeka locale.Il governo provvisorio di Bishkek, al momento, stima in 117 le vittime complessive, tra uzbeki a kirghizi, almeno 1.550 i feriti. E così oggi è una giornata sulla carta decisiva: la gravità delle violenze nelle regioni sud-occidentali (Osh e Jalalabad) ha ormai trasformato un conflitto etnico interno in crisi regionale, coinvolgendo Uzbekistan e Russia, Onu e Osce, oltre agli Stati Uniti, presenti con una base militare cruciale per sostenere le operazioni in Afghanistan.
A Osh e Jalalabad, le città epicentro degli scontri, i testimoni riferiscono di una notte più calma, malgrado la tensione altissima, e di nuovo di sparatorie sporadiche. Il bilancio delle battaglie tra kirghizi e uzbeki, iniziate giovedì sera, è di almeno 117 morti, e 1.500 feriti. Interi quartieri uzbeki devastati dalle fiamme, decine di migliaia di persone in fuga, o barricate in casa senza cibo. Il governo provvisorio kirghizo, al potere da aprile con Rosa Otunbajeva, ha inviato nella regione truppe autorizzate a sparare a vista, ma si è rivelato troppo debole per gestire la situazione, e sabato ha chiesto l'intervento di Mosca.
La risposta non è stata immediata. La Russia è sospettata di aver orchestrato la rivolta che il 7 aprile ha messo fine al governo di Kurmanbek Bakijev, in esilio in Bielorussia, ma ora si muove con prudenza. In particolare, sembra voler evitare un confronto con l'Uzbekistan, che già teme un eventuale intervento in Kirghizistan come primo passo per un consolidamento russo nella regione. Mosca sarebbe però autorizzata a mandare uomini nell'ambito della Csto, un'organizzazione di ex repubbliche sovietiche votate alla sicurezza collettiva, una specie di Nato regionale.
Il presidente Dmitrij Medvedev ha perciò convocato oggi a Mosca i rappresentanti dei paesi membri, un'ipotesi allo studio è l'invio di peacekeepers kazaki: il Kazakhstan – fedele a Mosca – è il paese più importante nell'Asia Centrale, e attualmente è presidente dell'Osce, l'Organizzazione europea per la sicurezza e la cooperazione. In quanto tale è in contatto con l'Onu e con l'Unione Europea per organizzare l'invio di osservatori nel Kirghizistan del Sud.