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Questo articolo è stato pubblicato il 16 giugno 2010 alle ore 18:32.
Non è la resa incondizionata ai finiani che non vogliono forzature sul ddl intercettazioni. Ma è comunque uno spiraglio nel tesissimo confronto dentro il Pdl tra berlusconiani e fedelissimi del presidente della Camera. Perché il vertice con lo stato maggiore del partito voluto dal premier Silvio Berlusconi invia un messaggio di non belligeranza a Gianfranco Fini: il testo rimane blindato, ma sulla tempistica parlamentare il Cavaliere manda segnali distensivi.
A riassumere la strategia di Silvio Berlusconi al termine del confronto è uno dei tre coordinatori del Pdl, Ignazio La Russa, che pesa prudentemente le parole. «Non abbiamo parlato di modifiche - dice - ma solo di calendario. Per noi non ci sono pregiudiziali sul fato che uno dei provvedimenti, intercettazioni, manovra e riforma dell'università, debba andare per forza prima dell'altro, anche se c'è un ordine di arrivo naturale alla Camera».
Insomma, spetterà alla conferenza dei capigruppo raggiungere un compromesso che salvi i delicati equilibri del Pdl. Vero è che sul ddl intercettazioni si registra anche l'imprevisto assist ai finiani e all'opposizione del ministro delle Riforme, Umberto Bossi. «Se qualcuno farà qualche emendamento - spiega il Senatur - non verrà gettato nel cestino, si discute». Un'apertura importante e non casuale visto che il leader della Lega non vuole fratture nella maggioranza che possano mettere a rischio il futuro del governo e soprattutto il federalismo tanto caro agli uomini del Carroccio. «Fin quando tiene la Lega - aggiunge Bossi - tiene il governo». Come dire che sulle intercettazioni si deve discutere se questo serve a evitare pericolosi scivoloni del Pdl.
L'apertura del senatur, comunque, non è passata inosservata e dai fedelissimi di Fini è giunto, non a caso, un plauso immediato. «Bravo Bossi - commenta Italo Bocchino -. Con le sue parole il leader della Lega introduce maggiore ragionevolezza sul ddl intercettazioni e fa comprendere che ipotizzare dei miglioramenti non significa voler sabotare la legge tantomeno mettere in discussione governo e maggioranza».
La sponda di Bossi ai finiani è servita, per ora, a stemperare la tensione dentro il partito dopo l'intervento di stamane di Silvio Berlusconi. Parlando all'assemblea di Confcommercio il Cavaliere aveva lanciato un durissimo affondo. «Italia siamo tutti spiati, ci sono 7 milioni e mezzo di persone che possono essere ascoltate e intercettate. Così non può essere in un paese civile, non è vera democrazia». Poi una nuova stoccata sui tempi del provvedimento. «Noi abbiamo preparato il provvedimento in quattro mesi - aveva aggiunto il premier - l'iter si è rivelato lunghissimo. Ora si parla di metterlo in calendario per il mese di settembre, poi bisognerà vedere se il capo dello Stato lo firmerà e poi quando uscirà ai pm della sinistra non piacerà e si appelleranno alla Corte costituzionale che, secondo quanto mi dicono, la boccerà».