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Questo articolo è stato pubblicato il 16 giugno 2010 alle ore 13:09.
La liberalizzazione delle imprese «sarà un missile a due stadi: prima faremo una legge ordinaria, poi una riforma della costituzione». A parlare è il premier Silvio Berlusconi, nel corso del suo intervento all'assamblea annuale di Confcommercio all'Auditorium della Conciliazione, a Roma.
L'obiettivo, ha spiegato il premier, è cambiare il rapporto tra stato e cittadini e rivedere l'articolo 41 della Costituzione. Oggi, ha detto, chi vuole aprire un'attività «deve passare per tutta una lunga trafila burocratica». Bisogna invece poter aprire subito un'attività e «prevedere, poi, successivamente, il controllo dello Stato che, in un arco di tempo di 60-90 giorni, potrà effettuare visite di controllo e dire cosa - eventualmente - vada cambiato, in quanto non corrispondente alla legge».
Berlusconi si è lamentato poi dell'utilizzo, a suo dire, improprio, delle "cimici". «In Italia siamo a tutti spiati», ha detto, lanciando un durissimo affondo. «Nel Belpaese - ha sottolineato - ci sono 150mila telefoni sotto controllo e 7 milioni e mezzo di persone che possono essere ascoltare e intercettate». Così, è il ragionamento del Cavaliere, «non c'è la tutela della libertà di parola. Così non può essere in un paese civile, non è vera democrazia. C'è una piccola lobby di magistrati e giornalisti che è contro». «Tutti gli italiani sono spiati? È una vulgata». A margine della conferenza stampa il presidente della Anm (Associazione nazionale magistrati, Luca Palamara, ha replicato a Berlusconi: «Sono le cifre - spiega - a confermare che è assurdo dire che siamo tutti intercettati: nel 2009, le utenze telefoniche sotto controllo, sono state 119.553. Ed è evidente che ad ogni bersaglio corrispondano diverse utenze». Palamara coglie l'occasione per ribadire le critiche dell'associazione al Ddl che dovrà passare ora all'esame della Camera: «Mette in ginocchio l'attività dei Pm, non ha niente a che vedere con la tutela della privacy, condiziona la libertà di stampa e segna una resa alla criminalità.
Era stato il presidente del Consiglio a tornare sul ddl intercettazioni, alla vigilia dell'incontro fissato per oggi a Palazza Grazioli con i maggiorenti del Pdl e l'avvocato Ghedini. «Noi abbiamo preparato un provvedimento in quattro mesi. È stato undici mesi alla Camera, dodici mesi e mezzo al Senato e sento che ora si parla di mettere in calendario per il mese di settembre il ddl intercettazioni. Poi bisognerà vedere se il Capo dello Stato vorrà firmarlo e poi quando uscirà ai pm della sinistra non piacerà e si appelleranno alla Corte costituzionale che, secondo quanto mi dicono, lo boccerà».