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Questo articolo è stato pubblicato il 16 giugno 2010 alle ore 17:40.
Si chiama Conferenza di conciliazione ed è lo strumento attraverso cui il Parlamento svizzero cercherà di eliminare gli ultimi ostacoli sulla via dell'applicazione dell'accordo su Ubs negli Usa. Il nodo da sciogliere è ormai solo uno: la possibilità o meno di indire un referendum sull'intesa per la consegna di 4450 nomi di clienti americani di Ubs sospettati di reati fiscali.
Il Consiglio degli Stati, cioè il Senato dei Cantoni, non vuole il referendum, mentre il Consiglio Nazionale, che è la Camera dei Deputati elvetica, vuole il referendum e lo ha ribadito, con una maggioranza di 94 voti contro 77, con 14 astenuti. I due rami del Parlamento hanno entrambi votato a favore dell'accordo con Washington, ma sono divisi sul referendum e la Conferenza di conciliazione cerceherà di appianare le divergenze entro la fine della settimana.
Se la possibilità di fare un referendum sull'intesa rimanesse in piedi, i tempi di consegna dei nomi si allungherebbero di mesi, andando ben oltre il termine previsto dall'accordo tra il Governo elvetico e le autorità Usa e cioè il 19 agosto prossimo. I partiti di centro, cioè liberali, democristiani, borghesi democratici, sostengono con forza che il referendum in questo caso non è necessario e che i tempi dell'accordo con gli Usa vanno rispettati, perchè in caso contrario potrebbero esserci nuovi attacchi al segreto bancario ed alla piazza finanziaria rossocrociata. Socialisti e verdi vogliono misure di maggiore controllo sulle attività delle grandi banche e ritengono che il referendum sia comunque necessario. La destra, raccolta nel partito Udc, è divisa ed in questa vicenda ha votato a volte con il centro, a volte con la sinistra. La Udc rimane comunque un elemento chiave nella mediazione che potrebbe evitare il referendum.