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Questo articolo è stato pubblicato il 18 giugno 2010 alle ore 09:38.
ISTANBUL - Il console italiano Gianluca Alberini e il direttore dell'Istituto per il Commercio Estero Roberto Luongo non avvertono malumori delle nostre imprese in reazione ai nuovi sviluppi della politica estera della Turchia. Il tanto discusso spostamento dell'asse turco da ovest a est non preoccupa gli imprenditori italiani. La Turchia, spiegano i nostri diplomatici, è considerato un paese stabile, un'economia emergente, un mercato da aggredire. Sono 790 le imprese italiane presenti in Turchia, oltre il 3 per cento del totale delle aziende straniere. L'Italia è il quarto partner commerciale della Turchia, dopo Germania, Russia e Cina. L'interscambio italo-turco, secondo i dati della Nota congiunturale preparata dall'Ice di Istanbul, è di 13,6 miliardi di dollari (7,7 da esportazioni, 5,9 importazioni), in lieve calo rispetto all'anno precedente a causa della crisi economica e finanziaria.
Ma il dato ancora più positivo, segnala l'instancabile Luongo con le sue "note dal Bosforo", è quello del primo quadrimestre del 2010. L'Italia non solo si conferma il quarto partner commerciale, con un interscambio di 5,3 miliardi di dollari, ma vede aumentare del 40,7 la percentuale rispetto all'anno precedente. Nel 2009 c'è stato un balzo degli investimenti diretti italiani in Turchia, pari a 291 milioni di dollari, e nell'anno precedente l'Italia è stata il paese estero che si è aggiudicato più contratti pubblici banditi da amministrazioni turche (sette grandi appalti per 783 milioni di dollari, il 38 per cento dell'ammontare assegnato a imprese estere durante tutto il 2008). Meno roboante il dato degli investimenti diretti nei primi mesi del 2010: 7 milioni di dollari, in calo del 75 per cento rispetto al primo trimestre 2009.