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Questo articolo è stato pubblicato il 27 giugno 2010 alle ore 15:54.
«Non ho nulla da rimproverarmi, ho tanto lavoro da fare e vado avanti». Il giorno dopo la rinuncia al legittimo impedimento nel processo stralcio dell'inchiesta Antonveneta, il ministro Aldo Brancher confessa di essere rimasto «stupito» da tanta «cattiveria» nei suoi confronti. Critica chi lo ha attaccato nei giorni scorsi per via della poca chiarezza sulle sue competenze. «Chi non conosce il mio lavoro si informi prima di parlare». Ma si dice «sereno» e pronto «a proteggere la mia famiglia e i bambini dai riflessi che questa vicenda può avere».
Brancher conferma poi di non aver alcuna intenzione di lasciare l'incarico. «Le dimissioni non sono in programma e non mi avvalgo di nessuna protezione». Poi, in serata intervistato dal Tg3, torna sulle accuse che gli sono piovute addosso negli ultimi giorni. «È indecente - dice - non si è mai visto che l'Italia dopo aver perso i Mondiali se la prende con me. È vergognoso, mi ritengo una persona equilibrata, onesta e di buon senso. Continuo a lavorare. L'opposizione vada a vedere le deleghe, ne ho un sacco che devo portare avanti. Sono quelle che sono scritte, sono in Gazzetta ufficiale, se le leggano tutti». Ma, sul decreto di nomina della presidenza del Consiglio dei ministri (pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 144 del 23 giugno scorso), le deleghe non ci sono e il documento si limita semplicemente a designarlo come ministro senza portafoglio. Quanto ai rapporti con la Lega, Brancher taglia corto. «Non penso mi abbia abbandonato, non penso proprio».
Il prossimo 5 luglio il 24° ministro del governo Berlusconi è atteso comunque nell'aula del tribunale di Milano dove si celebra il processo a suo carico. Brancher deve rispondere di appropriazione indebita e ricettazione (quest'ultimo reato è contestato anche alla moglie dell'esponente del Pdl, Luana Maniezzo). Secondo l'accusa Brancher e la consorte avrebbero intascato oltre un milione di euro, tra contanti consegnati loro dall'ex numero uno della Popolare di Lodi, Giampiero Fiorani, e versamenti su conti correnti legati a plusvalenze per operazioni di mercato orchestrate dai vertici dell'ex Bpl.
Ieri, davanti al giudice Anna Maria Gatto, il pm Eugenio Fusco si era lasciato andare a una durissima arringa contro il neoministro. «Mi sento preso in giro - aveva detto il pubblico ministero», contestando le motivazioni addotte dai legali dell'ex sacerdote paolino per giustificare la richiesta di legittimo impedimento, accantonata poi in tarda serata dallo stesso Brancher.