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Questo articolo è stato pubblicato il 30 giugno 2010 alle ore 18:11.

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Omicidi eccellenti. Pisanu ha ricostruito dettagliatamente i vari passaggi degli «omicidi eccellenti» e delle stragi a partire da quella mancata dell'Addaura, citando che ormai vi sono notizie «abbastanza chiare» su due trattative: quella tra Mori e Ciancimino « che forse fu la deviazione di un'audace attività investigativa» e quella tra Bellini-Gioè-Brusca-Riina, dalla quale nacque l'idea di aggredire il patrimonio artistico dello Stato.

In confronto Mafia-Stato. Pisanu ha osservato che l'elemento probabilmente sottostante al confronto Mafia-Stato era quello di costringere all'abolizione del 41 bis e a «ridimensionare tutte le attività di prevenzione e repressione». E a riscontro pisanu cita una «singolare corrispondenza di date che si verifica, a partire dal maggio del 93, tra le stragi sul territorio continentale e la scadenza di tre blocchi di 41 bis emessi nell'anno precedente»

Interventi esterni nelle stragi.«Anche la semplice narrazione dei fatti induce a ritenere che vi furono interventi esterni alla mafia nella programmazione ed esecuzione delle stragi». Fin dall'agosto del '93 - ricorda - un rapporto della Dia aveva intravisto e descritto "una aggregazione di tipo orizzontale", in cui rientravano, oltre alla mafia, talune logge massoniche di Palermo e Trapani, gruppi eversivi di destra, funzionari infedeli dello Stato e amministratori corrotti. Sulla stessa linea, pur restringendo il campo, il procuratore di Caltanissetta Lari ha sostenuto recentemente che Cosa Nostra non è stata "eterodiretta da entità altre", ma che al tavolo delle decisioni si siano trovati, accanto ai mafiosi, soggetti deviati dell'apparato istituzionale che hanno tradito lo Stato con lo scopo di destabilizzare il paese ... mettendo a disposizione un know-how strategico e militare».

Nel luglio scorso lo stesso procuratore aveva anticipato che, a seguito delle dichiarazioni di Spatuzza, «le investigazioni hanno lasciato la pista puramente mafiosa e puntano a scoprire un patto fra i boss di Cosa Nostra e servizi segreti». «Probabilmente - conclude l'ex ministro - Provenzano fu insieme a Ciancimino tra i protagonisti di trattative del genere, mentre Riina ne fu, almeno in parte, la posta. Trattative complesse e a tutt'oggi oscure, nelle quali entrarono a vario titolo, per convergenza di interessi, soggetti diversi, ma tutti dotati di un concreto potere contrattuale da mettere sul piatto. Altrimenti Cosa Nostra li avrebbe rifiutati».

Per Grasso non ci sono prove. «Le teorie sono belle ma, nei processi, abbiamo bisogno delle prove giudiziarie. Le prove costruite su tante fonti non hanno mai consentito di costruire la prova penale individualizzante in grado di accertare responsabilità». Così il procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso, ha risposto ai cronisti che gli chiedevano un commento sulla relazione del presidente della Commissione parlamentare antimafia, Giuseppe Pisanu, sui delitti e le stragi di mafia del 1992-93 con riferimento ai passaggi sulla, «trattativa tra Stato e cosa nostra». Grasso ha parlato al termine dell'audizione sul ddl intercettazioni innanzi alla Commissione Giustizia della Camera. Domattina proseguirà la seconda parte della sua audizione.

La risposta di Pisanu. Non è tardata ad arrivare la risposta di Pisanu alle parole di Grasso: «Ho già chiarito, fin dalle prime battute della mia relazione, che di fronte a vicende drammatiche e complesse come quelle dei grandi delitti e delle stragi di mafia del 1992-'93, ci sono tre verità diverse, difficili da contemperare: quella giudiziaria, quella politica e quella storica. Come è facile capire, la mia relazione è soltanto politica e non ha la benchè minima pretesa di stabilire verità giudiziarie».

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