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Questo articolo è stato pubblicato il 07 luglio 2010 alle ore 10:38.
Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, non ha «nessun motivo, né personale né istituzionale, per sollecitare innovazioni alla normativa vigente, quale è sancita dalla Costituzione, sulle prerogative del capo dello Stato». Il capo dello Stato risponde con una nota agli articoli pubblicati ieri da Il Fatto Quotidiano e oggi da Il Giornale relativi a un emendamento al Lodo Alfano firmato da un gruppo di senatori del Pd che estenderebbe le garanzie costituzionali del presidente della Repubblica offrendogli uno scudo totale anche contro i reati penali.
Il riferimento della nota del Colle è chiaro. «La presidenza della Repubblica resta sempre rigorosamente estranea, nell'una o nell'altra Camera, di proposte di legge d'iniziativa parlamentare, la cui presentazione non deve - a differenza dei disegni di legge di iniziativa governativa, ai sensi dell'articolo 87 della Costituzione - essere neppure autorizzata dal capo dello Stato». Una riflessione che, chiarisce ancora il Quirinale, vale «anche per la pdl (a firma del senatore Gasparri ed altri, recante disciplina dei processi nei confronti delle alte cariche dello Stato) attualmente in discussione alla prima commissione del Senato e per qualsiasi emendamento presentato in quella sede».
Poi la nota si sofferma sui contenuti degli articoli pubblicati ieri da Il Fatto e oggi da Il Giornale , definiti dal Colle «ambigui e provocatori sulle prerogative del presidente». «Ciò nonostante - precisa ancora il comunicato Il Giornale - dopo che già ieri II Fatto Quotidiano era intervenuto ambiguamente sull'argomento - ha tratto spunto da tale vicenda parlamentare per un titolo e articolo in prima pagina, destituiti di qualsiasi fondamento, la cui natura ridicolmente ma provocatoriamente calunniosa nei confronti del Presidente della Repubblica non può essere dissimulata da qualche accorgimento ipocrita: la Presidenza non può non rilevarne la gravità».
Oggi, infatti, il quotidiano milanese dedica l'apertura al capo dello Stato con un grande titolo che campeggia sopra una foto del presidente, «Ma che ha combinato Napolitano?». Subito sotto un articolo a firma del vicedirettore Alessandro Sallusti. Il quale ripercorre innanzitutto l'antefatto, cioè la presentazione dell'emendamento a firma, tra gli altri, del costituzionalista Stefano Ceccanti, e dell'ex pm Felice Casson (riportata ieri dal giornale diretto da Antonio Padellaro), per poi attaccare l'opposizione giudicandola doppiamente ipocrita. In primis perché, scrive il vicedirettore, «per la sinistra quello che vale per Berlusconi (deve essere processato in presenza di ipotesi di reato) non deve valere per Napolitano». La seconda ipocrisia emerge, aggiunge , dalle parole di Ceccanti «che spiega cosìl la sua proposta: "Se un magistrato politicizzato decidesse di mettere sotto inchiesta Napolitano?».Tirando in ballo, fa osservare Sallusti, un refrain caro a Berlusconi e contro cui l'opposizione si è sempre sollevata.