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Questo articolo è stato pubblicato il 11 luglio 2010 alle ore 14:44.
ROMA. Salgono a cinque gli indagati per violazione della legge Anselmi nell'inchiesta condotta dalla Procura di Roma. A Flavio Carboni, Raffaele Lombardi e Arcangelo Martino, finiti in carcere giovedì, e al coordinatore nazionale del Pdl Denis Verdini, si aggiunge Ernesto Sica, assessore della Regione Campania con delega all'Avvocatura. I cinque, insieme ad altri, avrebbero creato una nuova P2 per condizionare le scelte della politica, pilotare nomine di giudici e assessori, condizionare organi dello Stato.
In particolare, Sica è accusato di avere orchestrato, con Carboni, Martino e Lombardi, una strategia di delegittimazione nei confronti del presidente della Campania, Stefano Caldoro, a vantaggio di Nicola Cosentino, il sottosegretario che il gruppo avrebbe voluto governatore. Attraverso siti Internet e blog i quattro misero in giro la voce che l'allora candidato andava a trans ed era connivente con la camorra. Ieri Caldoro si è detto amareggiato, mentre diversi esponenti Pdl hanno chiesto e dimissioni dell'assessore, tra cui il finiano Italo Bocchino: «Berlusconi, che lo ha voluto assessore per amicizia, deve chiedergli le dimissioni».
Ma gli indagati per violazione della legge Anselmi sono molti di più. Sono in corso accertamenti sulle posizioni del senatore del Pdl Marcello Dell'Utri, del sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo, dei magistrati Antonio Martone e Arcibaldo Miller, capo degli ispettori del ministero della Giustizia. Nessuno di loro, affermano in Procura, è al momento indagato. Si tratta delle persone che il 23 settembre 2009 parteciparono alla riunione nella casa romana di Verdini per concordare, secondo i pm, le modalità di intervento per condizionare il giudizio della Consulta sul lodo Alfano. Verdini potrebbe essere convocato dai pm la prossima settimana. «Non ho mai costituito associazioni segrete né fatto pressioni – ha replicato – sono pronto a incontrare i magistrati, nella speranza che cessi questo stillicidio di fango».
Gli accertamenti si estendono anche alle altre persone coinvolte nei tentativi, tutti falliti tranne che nel caso della nomina del nuovo presidente della Corte d'Appello di Milano, di condizionare scelte politiche e nomine. È il caso di Cosentino, per il quale il gruppo tentò di intervenire sulla Cassazione perché respingesse la misura cautelare emessa contro di lui dai pm di Napoli. E del presidente della Corte d'Appello di Milano, Alfonso Marra, la cui nomina fu caldeggiata da Lombardi con interferenze su Caliendo, sul presidente uscente della Cassazione, Vincenzo Carbone, e su altri componenti del Csm, tra cui il vicepresidente Nicola Mancino che precisa: «Lombardi mi chiese di aiutare Marra, ma decisi in autonomia». Quanto ai tentativi di fare accogliere il ricorso della lista "Per la Lombardia" del presidente Roberto Formigoni contro l'esclusione dalle regionali e di fare inviare dal ministero della Giustizia un'ispezione al collegio che respinse il ricorso, nell'ordinanza di custodia cautelare si parla di contatti tra Martino e Formigoni e poi tra Lombardi e collaboratori del presidente per concordare come intervenire sul giudizio.