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Questo articolo è stato pubblicato il 17 luglio 2010 alle ore 17:50.
Sorridenti, fianco a fianco, uno seduto su una panchina con le gambe incrociate, l'altro in piedi, colto nel gesto di accendersi l'immancabile sigaretta. Queste erano le due statue in gesso, realizzate dallo scultore palermitano Tommaso Domina, che raffiguravano Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, distrutte la notte scorsa poche ore dopo essere state installate in via Libertà a Palermo. Quando questa mattina i carabinieri le hanno trovate a terra, semidistrutte, hanno dovuto faticare non poco per contenere la rabbia di tanti palermitani indignati per quello che, come lo ha definito lo stesso sindaco Diego Cammarata, appare un «vergognoso gesto vandalico-intimidatorio». Un episodio che getta una luce sinistra su una realtà, quella della lotta alla mafia, che proprio in questi giorni si stringe nel ricordo della strage di via D'Amelio, avvenuta il 19 luglio 1992.
La distruzione delle due statue ha sollevato immediatamente un coro unanime di indignazione, a cominciare dal presidente del Senato Renato Schifani che ha posto l'accento sull'inaudita "gravità" del fatto "che scuote le coscienze di quanti credono fermamente nei valori della legalità e della democrazia". Alle parole di Schifani hanno fatto eco quelle del presidente della Regione Siciliana Raffaele Lombardo per il quale oltre alla gravità dell'episodio, è da condannare «la mancanza di consapevolezza del prezzo pagato dal paese per garantire a tutti valori preziosi come la libertà e la democrazia contro la mafia».
Accanto alla due statue, presentate la prima volta lo scorso 23 maggio per celebrare l'anniversario della strage di Capaci, lo scultore Domina aveva installato un pannello con sopra scritto: «Giovanni e Paolo, due uomini liberi con le loro idee, nel sole, nell`allegria, nell`amicizia, fra la loro gente»; stamani, accanto a quei poveri rottami di gesso, qualcuno, una ragazza, ha voluto lasciare dei fiori e un biglietto. Un messaggio che racchiude in una frase, senza giri di parole, la risposta di una città intera: "Per chi l'ha fatto, fate schifo!".