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Nel ricordo di Borsellino appello di Napolitano a far luce sulle stragi. Fini: «Non fu solo mafia»

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Questo articolo è stato pubblicato il 19 luglio 2010 alle ore 09:10.

Bisogna fare luce sulle stragi che sconvolsero il nostro paese negli anni '90. Comincia così la lettera che il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, ha inviato ad Agnese, la vedova di Paolo Borsellino, il magistrato ucciso 18 anni fa dalla mafia insieme ai cinque agenti della sua scorta: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Cosima, Vincenzo Li Muli e Claudio Traina.

«Con armonia di intenti e pieno spirito di collaborazione - ha sottolineato Napolitano che si è intrattenuto in «affettuose telefonate con Agnese Borsellino e Maria Falcone - le istituzioni debbono contribuire a fare piena luce su quegli episodi rispondendo così all'anelito di verità e giustizia che viene innanzitutto da chi, come lei e i suoi familiari, è stato colpito negli affetti più cari, ma nello stesso tempo e più che mai dall'intero paese».

Palermo ha ricordato Borsellino con una serie di iniziative, ma stamane erano pochi, pochissimi i cittadini presenti a via D'Amelio, nel giorno del 18° anniversario della strage. Da qui, con un presidio organizzato dall'associazione 19 luglio, sono cominciate le manifestazioni in memoria del magistrato ucciso dalla mafia dopo che sabato scorso erano state danneggiate le due statue di gesso dedicate ai giudici Falcone e Borsellino già restaurate dallo scultore Tommaso Domina. Un corteo formato da cinquecento persone da via D'Amelio che ha raggiunto l'albero Falcone. Una gigantesca bandiera italiana precedeva la lunga fila di persone che si muoveva al grido «resistenza» con in mano l'agenda rossa, appartenuta a Borsellino e misteriosamente sparita il giorno dell'eccidio. Un piccolo gruppo si è staccato dal corteo ed è tornato verso via D'Amelio deciso a bloccare l'arrivo del presidente del Senato, Renato Schifani, dopo aver appreso che l'esponente del Pdl avrebbe raggiunto il luogo della strage.

Alle 20.30 Giovane Italia ha invece organizzato una fiaccolata cui hanno partecipato, tra gli altri, Maurizio Gasparri, il sindaco di Roma, Gianni Alemanno e il presidente della camera Gianfranco Fini. Proprio quest'ultimo ha sottolineato che «Mangano non è un eroe, è un cittadino italiano condannato per mafia con sentenza definitiva. Gli eroi sono quelli che si sacrificano per lo Stato», ha detto la terza carica dello Stato rispondendo ad una domanda rivoltagli dai presenti in via D'Amelio. I manifestanti hanno ringraziato Fini per la sua presenza, intervallando il colloquio con il presidente della Camera con slogan come «Fuori la mafia dallo Stato». Fini ha inoltre aggiunto che «Oggi è ancora più doveroso essere impegnati perchè sta emergendo da Caltanissetta che in via D'Amelio non fu solo mafia».

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Alle diverse iniziative non ha partecipato, invece, alcun esponente del governo. Il guardasigilli Angelino Alfano ha fatto celebrare alle 18 una messa in suffragio al ministero, mentre il ministro della Difesa, Ignazio La Russa ha preso parte a una commemorazione milanese, nel corso della quale il sindaco della città, Letizia Moratti, è stata contestata da alcuni attivisti dell'associazione "Qui Milano Libera". In mattinata, invece, Schifani, aveva deposto una corona di fiori all'interno del reparto scorte della caserma palermitana di Lungaro.

Il ricordo più commosso del giudice trucidato dalla mafia il 19 luglio 1992, 57 giorni dopo la strage di Capaci, è stato quello di Piero Grasso, il procuratore nazionale antimafia. «Io ricordo ogni giorno Paolo Borsellino e le altre vittime della mafia, come Giovanni Falcone. Oggi sono qui perchè è un'occasione particolare, ma non c'è giorno che io non pensi a loro», ha detto il capo della Dna. Quanto ai possibili mandanti della strage, Grasso ha pronunciato parole chiare. «Non è stato solo mafia, questo lo sapevamo da anni ma non si può parlare di costi di indagine su cose passate. Il problema processuale è ormai quello di trovare gli elementi necessari per accertare la verità. Trovare la verità per la giustizia è l'unico imperativo morale che dobbiamo perseguire». La verità sulla strage, ha aggiunto il procuratore, è ingombrante solo per chi la teme, per chi ha paura delle conseguenze di certe indagini. Certo non per chi la cerca».

Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha inviato un telegramma al prefetto di Palermo per ricordare Paolo Borsellino come «un esempio di dedizione allo Stato e di lotta all'illegalità» e «patrimonio prezioso di civiltà e di democrazia». Ma dall'opposizione sono comunque partite feroci critiche, soprattutto all'indirizzo del ministro Alfano. «L'inattesa comunicazione dell'assenza del tutto immotivata del ministro - scrive il portavoce dell'Idv, Leoluca Orlando - è una gravissima mancanza di rispetto per il suo ruolo istituzionale, per le vittime e per i parenti». E anche la sorella del giudice ucciso, Rita Borsellino, ha parlato di «assenza scandalosa. Forse non vengono - ha aggiunto - per paura delle contestazioni, ma è loro dovere essere qui e affrontare eventuali critiche».

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