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Due giovanissimi si dividono tra Altiero Spinelli e Piero Calamandrei per il futuro di Pdl e Pd

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Questo articolo è stato pubblicato il 23 luglio 2010 alle ore 18:25.

Chi sono le promesse di Pdl e Pd al Nord? Chi sono i giovani dirigenti politici chiamati a fare gli sforzi maggiori in questa fase? E quali obiettivi si prefiggono per i loro partiti e i loro elettori? Abbiamo incontrato alcuni di loro in un viaggio a tappe nella politica del Nord, dove la Lega resta la grande protagonista, ma alleati di governo e rivali si preparano a darle filo da torcere.

Da Forza Italia a Generazione Italia. Deluso dal presidente del Consiglio, ma fedele a quell'idea di rivoluzione liberale che Silvio Berlusconi aveva promesso nel '94. «In politica preferisco guardare prima alle idee che agli uomini», dice il giovanissimo Niccolò Fraschini, classe 1986, consigliere comunale Pdl a Pavia. Un inizio nel centrodestra con FI, nel cuore gli ideali del movimento federalista europeo di Altiero Spinelli. Parecchi giovani ora, racconta, si stanno spostando sulle posizioni politiche di Gianfranco Fini, perchè il suo messaggio «è interessante per chi arriva dalla "prima Forza Italia". Ma ci sono anche molti giovani ex An che si stanno sempre più avvicinando a Berlusconi. È un fenomeno di mescolamento che prova come davvero il Pdl sia un unico partito».

Né delfini né trote. Gli under trenta lombardi del Pd ci tengono a dire che non volgliono favori o aiutini per dare un contributo di idee al paese. Li guida Silvia Gadda, 28 anni di Albino, profonda Val Seriana, dove la Lega la fa da padrone. Eppure il Carroccio non le fa paura perché «una buona parte di quell'elettorato è convinto dell'importanza di stare in una dimensione di comunità». E sulla Lega «serve uno sguardo che non sia snobbistico». Un alleanza con loro? «In Lombardia sarebbe stato utile sperimentarla ai tempi in cui c'era Roberto Maroni. Perché è vero, propongono parole d'ordine mediatiche inaccettabili per noi, ma se una parte di società, anche le persone con meno reddito, credono a quelle risposte, dialogarci è fondamentale».

Fraschini entra in Forza Italia nel 2002 attratto dalla figura «carismatica» di Silvio Berlusconi. «Pensavo fosse l'unico, in virtù della sua forza elettorale e politica, a poter realizzare quegli ideali di rivoluzione liberale cui ambivo: meno stato, meno tasse, meno burocrazia. L'unico a poter rilanciare il paese e liberare le energie che erano rimaste sopite, coperte dalla politica». Ma negli anni arrivano le delusioni e il disincanto. «Forza Italia ha tradito queste promesse, nonostante la sua forza elettorale». L'elenco delle opportunità mancate è lungo. Non sono arrivate le riforme strutturali, né liberalizzazioni né privatizzazioni, nessuna riforma fiscale e nemmeno la riduzione delle tasse. «Anche la burocrazia è rimasta tale e quale e la spesa pubblica non è affatto stata disboscata. Il federalismo si è impantanato in attesa dei decreti attuativi. Lo stesso è avvenuto per la riforma dei servizi pubblici locali». E poi c'è il tema della legalità. «Abbiamo cominciato a vedere personaggi di dubbia moralità. Invece il rispetto delle regole viene prima di tutto». Ma c'è dell'altro: la questione del merito, poco valorizzato nel partito, con la «nomina di deputati che non hanno una storia, non hanno alle spalle una militanza». «C'è un clima da basso impero che comincia a diventare inaccettabile. Tante volte penso che sia stata una parte di Forza Italia ad aver cambiato idee e comportamenti, non io».

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Tags Correlati: Altiero Spinelli | AN | Emilio Salgari | FI | Italo Calvino | Lega | Lombardia | Paolo Virzì | Partiti politici | PD | PDL | Piero Calamandrei | Roberto Maroni | Stefano Benni

 

Si danno da fare i giovani lombardi under trenta del Pd e, riuniti a Desenzano del Garda, hanno messo a punto una specie di manifesto. Con alcune indicazioni chiare per il partito. La premessa è che per arricchire il dibattito servano momenti di formazione di qualità in grado di fornire contenuti, non solo opinioni. E su questo i giovanissimi vogliono poter mettere in gioco i loro saperi. Tre i temi di lavoro proposti. A partire dalla necessità di una visione di lungo periodo per affrontare la crisi, «non contingente, ma legata ad altri cedimenti innestati dai processi di internazionalizzazione e globalizzazione». Da qui l'opportunità di ripensare il modello di sviluppo. Poi c'è la questione lavoro e i forti cambiamenti che coinvolgono soprattutto i giovani nel passaggio da occupazioni di tipo tradizionale, a tempo indeterminato, a forme più flessibili e precarie. Su questo auspicano uno sforzo in più per gestire il binomio flessibilità-tutele. E sottolineano la necessità di un innalzamento dei redditi. Perché se c'è disponibilità da parte del lavoratore a una maggiore mobilità territoriale, interna e di tempo, allora anche il datore di lavoro deve salvaguardare il dipendente, come nei casi di assenze per motivi di salute, studio, maternità o paternità.

Il vero problema «per noi oggi nei partiti», dice Niccolò Fraschini, «è che i movimenti giovanili sono poco strutturati. E anzichè fare da lobby giovane tendono a riprodurre al loro interno le logiche correntizie degli adulti». Detto brutalmente: «viene premiato chi è raccomandato dal capo corrente adulto». Il merito? «Conta pochissimo, nei partiti non c'è pulizia interna dei corrotti e nemmeno selezione dei migliori». Basta pensare alla legge elettorale, «fatta per selezionare dipendenti, persone scelte per obbedire». Chapeau invece a Gianfranco Fini, che «non vuole un partito di cortigiani». Insomma per un giovane fare carriera in un partito è difficile, «devi avere alle spalle un patrimonio familiare non indifferente per affrontare campagne elettorali importanti, il partito aiuta solo i cosiddetti raccomandati». «Perché se una persona riesce a farsi una campagna elettorale forte e ad avere le sue preferenze poi diventa autonoma, non ricattabile».

Faticoso essere giovanissimi nel partito anche secondo Silvia Gadda, «ma è pure una grande sfida». In politica, come nel resto della società «c'è una dimensione di chiusura abbastanza sensibile». Spesso «il giovanilismo è solo di facciata, con una sollecitazione iniziale forte che poi non viene incanalata in maniera adeguata. Una chiusura che talvolta diventa ancora più forte quando si passa alla fase in cui condividere e contribuire alle decisioni». Reazioni? «Siamo combattivi ma pensiamo che le battaglie non si vincano con il clamore di un giorno. Cerchiamo di prenderci lo spazio e di farlo con competenze e qualità umane».

Lotta alla burocrazia, riduzione delle tasse, liberalizzazioni delle municipalizzate. Sono alcuni dei temi sui quali il Pdl dovrebbe puntare per rilanciarsi al Nord secondo Fraschini. «Il federalismo è uno dei punti che ci unisce alla Lega. Ma sull'immigrazione dobbiamo far capire ai nostri elettori che le ricette del Carroccio funzionano solo per arrestare i flussi, non per le politiche di gestione del fenomeno». E poi l'immigrato «è una persona che porta ricchezza all'Italia , se loro non ci fossero avremmo difficoltà produttive enormi». Quindi: giusto integrare gli immigrati che ci sono, pur contenendone il numero complessivo. Su questo «l'idea di Gianfranco Fini è rivoluzionaria, oltretutto riprende le destre europee».

Liberarsi dall'ossessione del consenso immediato è la strada che Silvia Gadda suggerisce al suo partito sul Nord. «C'è bisogno di risposte credibili che guardino un po' più in là. Per arrivare preparati alle politiche». Ma soprattutto occorre entrare meglio nei problemi quotidiani delle persone. «Per esempio in tema di liberalizzazioni è importante far capire che significano pure pagare meno il telefono. Sulle tasse è giusto far comprendere che va bene tagliarle, ma il problema è anche quali tipi di servizi tornano indietro». E poi il valore della politica va riportato nei posti normali, a scuola, al lavoro, «basta con la paura di dire che si fa politica». Ma il Nord sarebbe anche un ottimo laboratorio dove sperimentare altre parole d'ordine. «A partire da una riforma del mercato del lavoro, con il passaggio dalla quantità alla qualità. Sul fronte degli investimenti in ambito tecnologico il settore della rete potrebbe essere spinto incrociando di più il tema della cultura e della conoscienza, per esempio nell'ambito di promozione del turismo». E poi, sempre in Lombardia, «serve il coraggio di investire davvero sulla formazione, ripensandone l'organizzazione e l'efficienza».

Ronald Reagan e Margaret Thatcher sono due totem ideologici per Niccolò Fraschini. «Hanno dato dimostrazione di quanto il mercato possa agevolare i meritevoli piuttosto che i protetti e sono riusciti a rompere rendite di posizione fortissime».
Quanto a libri considera "Il liberismo di sinistra" di Francesco Giavazzi e Alberto Alesina quello che più lo ha formato politicamente, «non è ancora diventato un grande classico, ma presto lo sarà». Oltre a "Il Manifesto di Ventotene" di Altiero Spinelli. In letteratura è affascinato da Emilio Salgari, che gli ha fatto conoscere territori lontani. E in cinematografia da "Il gladiatore" e "Via col vento", visto da bambino ma ancora ben impresso nei suoi ricordi.

Una persona con pochi miti e molte passioni si definisce Silvia Gadda. Che se proprio deve citare qualcuno sceglie il padre costituente Piero Calamandrei. «C'era un rigore morale, un rispetto dell'impegno lavorativo e politico che ora manca». Di recente ha riletto "I promessi sposi" di Alessandro di Manzoni e ci ha trovato «lo spaccato di un mondo in cambiamento pieno di temi forti». Le piacciono Italo Calvino e Stefano Benni. Perchè «sanno fare una critica sociale profonda, ma con amore per le persone e anche per le cose che non gli piacciono». Il film "Ovosodo" di Paolo Virzì è all'origine del suo impegno politico. Perché «parla di giovani molto diversi, uno più alternativo ma figlio di una famiglia benestante, che può permettersi la diversità e un altro, figlio di una famiglia operaia, che mette in gioco una diversità sociale ma ne paga le ricadute».

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