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Questo articolo è stato pubblicato il 28 luglio 2010 alle ore 14:52.
Con Giacomo Caliendo siamo al quarto sottosegretario del Pdl finito in un'inchiesta in pochi mesi - dopo Bertolaso, Brancher e Cosentino - senza contare le dimissioni del ministro Scajola e il coinvolgimento di Marcello Dell'Utri e Denis Verdini nelle indagini sulla P3. È una vera emergenza, che potrebbe travolgere l'intero esecutivo e che impone a Silvio Berlusconi di agire in fretta. Nel governo l'allarme è ai massimi livelli: «La situazione è molto brutta», ammette Sandro Bondi. Per questo Berlusconi ha scelto la linea dura e si profila l'epilogo dello scontro con Fini. Ha cominciato Il Giornale stamane a dettare la linea con un articolo dedicato a un appartamento a Montecarlo che sarebbe intestato al cognato di Fini.
In cuor suo dicono i bene informati il cavaliere si sarebbe pentito di aver lasciato che Brancher e Cosentino si dimettessero, «Stavolta con Caliendo non commetteremo lo stesso errore». La difesa del sottosegretario alla Giustizia sarà intransigente e non a caso Berlusconi si è affrettato ad incontrarlo ieri, non appena si è diffusa la notizia della sua iscrizione nel registro degli indagati. Stessa fermezza anche nella difesa di Denis Verdini. «Nessuno dei due si dimetterà - conferma Bondi - è escluso. non possiamo consentire che la magistratura entri a piedi uniti nella politica in questo modo».
L'altro fronte di attacco scelto dal cavaliere per puntellare il governo è quello interno con l'ex alleato di ferro e cofondatore Gianfranco Fini. Ma le due questioni si legano. Tanto è vero che il finiano Fabio Granata ieri si è affrettato a dire a La zanzara, Radio24, che Caliendo dovrebbe dimettersi, perché «sul piano politico quello che vale per Verdini e per Cosentino vale per Caliendo, altrimenti sembrerebbe un accanimento personale nei confronti di Verdini». Prese di posizione che hanno fatto nuovamente perdere le staffe al premier, deciso a mettere al più presto la parola fine su questa vicenda. Ieri Gianni Letta ne ha discusso con Gianfranco Fini, a margine della conferenza degli ambasciatori alla Farnesina, Preannunciandogli l'intenzione del cavaliere di arrivare allo showdown. Nessuno ancora sa di preciso come Berlusconi intenda sferrare il colpo finale contro il suo avversario interno. Si conosce soltanto la data. Sembra infatti che il premier abbia cerchiato in rosso la giornata di domani. Messa in salvo la manovra e la riforma dell'università (si votano entrambe domani, giovedì), Berlusconi è deciso a dar corso a qualcosa di clamoroso. Passando ieri mattina alla Camera - dove ha evitato di far capolino in aula pur di non stringere la mano a Fini (che in quel momento stava presiedendo) - lo ha in parte svelato a un deputato: «Dopo la manovra vedrete... fuochi d'artificio». Si parla di un ufficio di presidenza del Pdl, peraltro ancora non convocato, per mettere ai voti una scomunica del 'traditore' Fini. Corre voce anche di una raccolta di firme tra i deputati su un documento di censura alla conduzione 'non di garanzia' della presidenza della Camera.