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Asse centrista a quattro su Caliendo, oggi la mozione di sfiducia

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Questo articolo è stato pubblicato il 04 agosto 2010 alle ore 08:10.

Nessun terzo polo, ma «un'area della responsabilità». Così i rappresentanti dell'Udc, di Futuro e libertà, dell'Api e dell'Mpa, che si sono riuniti ieri per confermare la decisione di astensione sulla mozione di sfiducia del Pd e dell'Idv nei confronti del sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo (che ieri sera ha incontrato a palazzo Grazioli il premier il ministro Alfano e Niccolò Ghedini), definiscono questa nuova convergenza di forze politiche, che si colloca in posizione autonoma sia rispetto a Pdl e Lega, sia rispetto a Pd e Idv. Un'area alla quale si guarda anche da altri settori dello schieramento politico, se è vero che si preparano al voto di astensione anche la Svp, i repubblicani di Francesco Nucara e i Liberademocratici.

L'ufficializzazione della decisione di astensione è arrivata nel primissimo pomeriggio, subito dopo il preannunciato incontro tra i parlamentari dei quattro raggruppamenti politici, che potremmo definire centristi. Anche se i protagonisti dell'intesa sull'astensione, come spiega Pierferdinando Casini, lasciano, almeno per ora, al gossip politico formule come quella del «terzo polo» o del «grande centro», pur evocate da molti in queste ore. Non a caso Francesco Rutelli ha parlato di «rottura del bipolarismo», ponendosi il compito e l'obiettivo di «unire le forze che vogliono fare le riforme».

Per ora, come ha spiegato Lorenzo Cesa, la definizione della nuova convergenza resta quella di «area di responsabilità», anche se il segretario dell'Udc non nasconde di sperare che ci sia «una convergenza non solo sul caso Caliendo, ma anche su altre questioni», nel prosieguo dell'attività parlamentare. Anche Italo Bocchino, futuro capogruppo dei deputati di Futuro e libertà, spiega, intervenendo a Radio 24, che «nel sistema bipolare non esiste il terzo polo, perchè sarebbe come giocare a tennis seduti sulla rete». Quanto alla lealtà con il Governo del quale esponenti del Fli continuano a far parte, l'esponente finiano si limita a dire: «Saremo leali con il mandato ricevuto dagli elettori».

Intanto il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto accusa di «tatticismo», su una questione fondamentale come «il garantismo», gli astensionisti, mentre il presidente dei senatori berlusconiani, Maurizio Gasparri dice che la decisione dei finiani di astenersi serve a coprire divisioni interne. Ma dal Pdl i primi e i più risoluti a polemizzare con il fronte delle astensioni sono i parlamentari di provenienza democristiana, che, guidati dal ministro Gianfranco Rotondi e dal sottosegretario Carlo Giovanardi, con toni perentori affermano che «votare su questa mozione o astenersi su di essa vuol dire abdicare ad ogni forma di rispetto verso la democrazia e le sue regole».

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A sua volta, Mario Landolfi, lealista proveniente da An, osserva che «se i parlamentari del Fli dovessero astenersi Berlusconi dovrebbe, subito dopo, recarsi al Quirinale per illustrare la situazione al capo dello Stato».

La Lega, con i suoi capigruppo Federico Bricolo e Marco Reguzzoni, per ora, prende atto della scelta dei finiani di «votare con una parte dell'opposizione». Di qui un ammonimento: «Non permetteremo ribaltoni, governi tecnici o di larghe intese». Anche il ministro degli interni, Roberto Maroni, ha ribadito la linea già esplicitata da Bossi e Calderoli nei giorni scorsi. Se il governo dovesse essere sfiduciato, «non ci sono alternative al voto anticipato. Con la novità, per l'Italia, che si voterà a ottobre o novembre». Senza la Lega - ha poi aggiunto - «non si va da nessuna parte, anche perché al Senato un qualsiasi altro governo non potrebbe prendere la fiducia». Insomma, per il ministro leghista «una maggioranza diversa da quella che hanno voluto gli elettori, è irrealizzabile, non c'è spazio per questi giochetti».

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