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Pdl e finiani divisi sulle parole del presidente Napolitano

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Questo articolo è stato pubblicato il 14 agosto 2010 alle ore 08:01.

ROMA - Lo scontro tra Pdl e finiani torna a infiammarsi. La fragile tregua non ha retto agli attacchi del Giornale di Vittorio Feltri, contro il quale il portavoce di Gianfranco Fini ha annunciato querela, e alle diverse, se non opposte, interpretazioni delle parole di Giorgio Napolitano e di Renato Schifani.
L'intervista all'Unità, in cui il capo dello stato ha messo in guardia dal rischio di «vuoto politico» e di elezioni anticipate e ha chiesto di fermare la campagna «volta a delegittimare» il presidente della Camera, ha rimesso in luce le distanze e le divisioni tra il Pdl e il gruppo dei finiani di Futuro e libertà. Che si sono trovati su posizioni opposte anche sulla successiva intervista al Corriere della sera, rilasciata dal presidente del Senato.

Senza arrivare a uno scontro aperto con il Quirinale, le truppe berlusconiane non hanno nascosto l'irritazione per le parole di Napolitano, che ha messo sotto accusa politici (leggi Berlusconi) che parlano di elezioni anticipate «senza averne titolo e in modo sbrigativo e strumentale». Secca la replica del coordinatore del Pdl Sandro Bondi: «Meglio il voto che la paralisi». Anche perché, come ribadisce il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto, «non sono per niente condivisibili le ipotesi di governi tecnici e di governi di transizione», contro i quali arriva a evocare la piazza. Il presidente dei senatori, Maurizio Gasparri, ricorda che «in democrazia la sovranità popolare non può essere elusa da nessuna manovra di palazzo» e dunque, avverte Gasparri, sintetizzando la posizione del Pdl, «Napolitano sa bene che le alternative sono solo due: o Berlusconi o il voto». Voto che, a giudizio di Umberto Bossi, in questo momento «sarebbe meno pericoloso che in altri» per ciò che riguarda eventuali speculazioni economiche anche dall'estero.
A dar fastidio al Pdl, sarebbe poi stato il fatto che il capo dello stato ha messo il carro davanti ai buoi esprimendo «la sua contrarietà al voto anticipato mentre il governo deve ancora avviare una verifica in Parlamento». Anche la scelta di parlare dalle colonne dell'Unità, quotidiano di partito e del partito che fu di chi adesso deve essere super partes, non è stata affatto gradita. Berlusconi, infastidito soprattutto dall'appello a stoppare la campagna contro Fini, crede inoltre che il Colle freni sulle elezioni anticipate per favorire una parte: non solo o non tanto quella del presidente della Camera, ma quella del Pd. I democratici, d'altra parte, insieme all'Idv, sposano appieno le parole di Napolitano e, con Pier Luigi Bersani, invitano il premier a rispettare la Costituzione, anche se poi Antonio Di Pietro invita il Colle a fare l'«arbitro e non il «giocatore». Come hanno fatto i finiani, in un editoriale della fondazione Fare futuro in cui si ricorda che la Costituzione «viene prima anche di Berlusconi». Lo stesso Fini avverte che «bisognerebbe ascoltare le parole del capo dello Stato anziché giocare allo sfascio».

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foto Ansa

Tags Correlati: AN | Antonio Di Pietro | Camera dei deputati | Fabrizio Cicchitto | Gianfranco Fini | Giorgio Napolitano | Governo | Idv | Libero | Maurizio Gasparri | PD | PDL | Renato Schifani | Vittorio Feltri

 

Anche sul presidente del Senato, intorno al quale il Pdl ha fatto quadrato, difendendo la sua analisi e le prospettive che ha indicato, sono riemerse tutte le differenze con i finiani, anche in questo caso molto più vicini alle posizioni del Pd. Per il partito di Berlusconi, Schifani «indica la strada della responsabilità e interpreta il suo ruolo con equilibrio». Al contrario, per Pd e Fli, «conferma di essere assist man del premier e non figura super partes». Come Napolitano, anche la seconda carica dello stato ha invitato a mettere fine al conflitto politico istituzionale. Ma sulle prospettive in caso di crisi ha una diversa visione: se il governo non è in grado di andare avanti l'unica alternativa sono le urne. No a governi tecnici, «retti peraltro da chi ha perso le elezioni».
La rottura della tregua tra Pdl e finiani sembra riaprire anche la «guerra dei dossier». Di fronte agli attacchi del Giornale e di Libero, i fedelissimi di Fini avvertono che non esiteranno a chiedere conto degli affari di Berlusconi, dalle società offshore alla villa di Arcore.

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