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Napolitano interviene sul caso Fiat: «A Melfi rispettare le regole dello stato di diritto»

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Questo articolo è stato pubblicato il 24 agosto 2010 alle ore 14:29.

Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha risposto ai tre lavoratori della Fiat Sata di Melfi. Il Capo dello Stato ha scritto di aver «letto con attenzione la lettera che avete voluto indirizzarmi e non posso che esprimere il mio profondo rammarico per la tensione creatasi in relazione ai licenziamenti che vi hanno colpito e, successivamente, alla mancata vostra reintegrazione nel posto di lavoro».

Anche per quest'ultimo sviluppo della vicenda, ha scritto ancora Napolitano, «è chiamata a intervenire, su esplicita richiesta vostra e dei vostri legali, l'Autorità Giudiziaria: e ad essa non posso che rimettermi anch'io, proprio per rispetto di quelle regole dello Stato di diritto a cui voi vi richiamate». Napolitano ha detto di comprendere «molto bene come consideriate lesivo della vostra dignità percepire la retribuzione senza lavorare», rilanciando l'auspicio «vivissimo», che sia ascoltato anche dalla dirigenza della Fiat, «che questo grave episodio possa essere superato».

In giornata infatti erano tornati davanti ai cancelli della Fiat Sata di Melfi Giovanni Barozzino, Marco Pignatelli e Antonio Lamorte, i tre lavoratori licenziati dall'azienda e riassunti con un decreto del giudice del lavoro. Ieri, l'azienda aveva consentito il loro ingresso nella fabbrica, ma non il ritorno sulle linee di produzione. All'ingresso del secondo turno, che è scattato alle ore 14, i tre operai hanno voluto essere presenti per ribadire la loro posizione: «Tornare a lavoro come ha disposto il magistrato».

Barozzino, Pignatelli e Lamorte hanno anche preparato la lettera aperta al Presidente della Repubblica per chiedere giudizi veloci da parte della magistratura. «Ci rivolgiamo a Lei, Presidente, perchè richiami i protagonisti di questa vicenda al rispetto delle leggi», è scritto nella missiva.

Intanto, continua a far discutere la decisione della Fiat di non consentire ai tre operai di Melfi reintegrati dal giudice di accedere alla produzione. L'appello perchè Fiat applichi la sentenza del giudice è corale: dai sindacati al governo, anche se con posizioni diverse. «Le sentenze vanno rispettate anche quando non fanno piacere - ha detto, da Rimini, il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Altero Matteoli - se il nostro Paese è uno Stato di diritto non lo può essere a fasi alterne. Qui c'è una sentenza e la sentenza deve essere rispettata».

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Tags Correlati: Altero Matteoli | Antonio Lamorte | Autorità giudiziaria | CGIL | Cisl | Fiat | Giorgio Napolitano | Giovanni Barozzino | Giustizia | Marco Pignatelli | Ora Fiat | Potenza | Raffaele Bonanni | Stefano Saglia | Susanna Camusso

 

Giudizio condiviso dal sottosegretario allo Sviluppo economico, Stefano Saglia, che è convinto che l'azienda «da un lato debba applicare le sentenze della magistratura come necessario e dall'altro continuare a rimanere dalla parte della ragione». Secondo Saglia, «il problema è che con questa vicenda, così come a Pomigliano, si stanno riscrivendo le regole delle relazioni industriali a monte di una decisione che è stata condivisa da tutti, eccetto dalla Cgil». Ora Fiat, ha aggiunto, «non deve mettere in imbarazzo parte importante del sindacato che ha condiviso questo percorso».

Sul piede di guerra la Cgil. «C'è una sentenza esecutiva della procura di Potenza - ha spiegato il vice segretario generale Susanna Camusso - e la Fiat deve rispettarla. Non c'e nessuno che possa esimersi dal rispettare una sentenza della magistratura con nessuna motivazione e quelle peraltro fonite in questa occasione dalla Fiat sono del tutto pretestuose».

Per il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, la Fiat «sta facendo il gioco della Fiom e sta spostando l'attenzione su un problema assolutamente residuale» perchè «il fatto importante è l'investimento».

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