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Questo articolo è stato pubblicato il 23 agosto 2010 alle ore 13:59.
I tre operai licenziati dalla Fiat e reintegrati dal giudice del lavoro sono usciti intorno alle 15 dal cancello dello stabilimento di Melfi (Potenza) del gruppo torinese, che avevano varcato intorno alle ore 13.30. Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli erano fermi negli uffici delle guardie che sorvegliano gli ingressi. «Lancio un appello al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: non ci faccia vergognare di essere italiani», ha detto ai giornalisti Barozzino, che è delegato sindacale della Fiom-Cgil.
La decisione di far uscire gli operai è stata presa dai legali della Fiom dopo che un avvocato e un ufficiale giudiziario sono entrati in fabbrica, dove hanno avuto conferma che la Fiat accetterebbe la loro presenza a patto che i tre occupino una saletta e svolgano solo attività sindacale, senza tornare al lavoro sulle linee di produzione.
Al cambio turno i tre erano entrati nello stabilimento di Melfi. «Non abbiamo commesso alcun reato, non siamo quelli che loro dicono. Siamo qua per guadagnarci lo stipendio», avevano commentato, tra gli applausi dei colleghi, i tre lavoratori varcando i cancelli della fabbrica. La Fiom aveva proclamato un'ora di sciopero, dalle 14 alle 15, in attesa di conoscere se i tre operai reintegrati potessero raggiungere i reparti o meno.
Barozzino, Lamorte e Pignatelli, subito bloccati dalla vigilanza interna, sono stati accompagnati nel gabbiotto della sorveglianza, insieme all'avvocato Lina Grosso e all'ufficiale giudiziario, Francesco D'Arcangelo, che deve notificare il provvedimento di reintegro del giudice del lavoro di Melfi, ai dirigenti della Fiom Emanuele De Nicola (segretario regionale) ed Enzo Masini (responsabile settore auto).
La Fiom Basilicata ha presentato una denuncia penale alla Procura della Repubblica di Melfi (Potenza) contro la Fiat, per la mancata esecuzione della sentenza di reintegro (denuncia presentata in serata). «È inaccettabile la posizione della Fiat, che vuole relegare i tre operai in una saletta sindacale, mentre il giudice li ha reintegrati nel loro posto di lavoro. In questo modo - ha detto il legale della Fiom, Lina Grosso - non si esegue la sentenza del giudice del lavoro».
La Fiat, replicando, si è detta «fiduciosa» che il tribunale di Melfi