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A Torino non bastano gli alpini, molte le zone afflitte da furti e spaccio. La mappa del disagio nella città

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Questo articolo è stato pubblicato il 26 agosto 2010 alle ore 07:43.

Furti di campionari, auto scassinate: a Torino per gli agenti di commercio alcuni quartieri rappresentano un rischio messo in conto ogni volta che ci si addentra nella zona di Porta Palazzo o di San Salvario, nell'area intorno a corso Principe Oddone o in corso Vercelli. «Ma i danni – spiega Antonello Marzolla, segretario regionale degli agenti di commercio Usarci – non sono soltanto quelli diretti, perché a causa della criminalità impunita i negozianti chiudono o, comunque, hanno meno clienti. E riducono il fatturato e di conseguenza gli acquisti».

La mappa torinese di quello che viene definito come "disagio", ma che è pura e semplice criminalità, si è modificata profondamente nel corso degli anni. Le zone calde degli anni 70, quelle dell'immigrazione italiana come Vallette, Falchera, Mirafiori, sono da tempo tranquille, al di là di episodi comuni ad ogni quartiere. «I problemi – sostiene un agente delle forze dell'ordine – si sono spostati, e aggravati, nelle zone dove la criminalità è controllata dagli stranieri. Spaccio di droga che porta a scippi, aggressioni». Gli arresti si susseguono nella zona a nord della città, quella che da Porta Palazzo – dove, a pochi metri dal mercato regolare, si possono acquistare armi e biciclette rubate, droga e magliette taroccate – si estende verso l'autostrada per Milano. Ma con la stessa rapidità i delinquenti vengono rimessi in libertà.

«Qualche risultato – prosegue Marzolla – è stato ottenuto. Grazie al pattugliamento degli alpini è stata liberata l'area verde definita "Tossic park", a ridosso del Palazzo della moda che era assediato da spacciatori e zingari». Per Mario Carossa, consigliere leghista, il problema in realtà non è stato risolto, ma si è spostato di alcune centinaia di metri. «Ed è aumentato considerevolmente – aggiunge Carossa – nella zona di corso Principe Oddone, a ridosso dell'area dei lavori per il passante ferroviario. Le tensioni aumentano e nei giorni scorsi gli spacciatori africani si sono scontrati con i commercianti, regolari, cinesi».

Ma la voglia di nascondere i problemi sta facendo incancrenire anche l'area della "movida", lungo i murazzi del Po (a ridosso del fiume) e l'adiacente piazza Vittorio Veneto. «Si controllano i parcheggi della zona, per far cassa, ma si evita accuratamente di intervenire contro lo spaccio di droga più sfrontato – assicura Marco Racca di Cpi – mentre l'assessore regionale alla Cultura pensa di risolvere tutto proponendo di cambiare nome alla "movida"». La vita notturna nella zona crea notevoli disagi, anche se concentrati, come rileva Mauro Raftacco, uno dei titolari di Maison, locale alla moda di piazza Maria Teresa, a poche decine di metri dai murazzi: «Noi lavoriamo in un'oasi sostanzialmente tranquilla, ma con qualche raid vandalico notturno da parte di chi ha fatto nottata ai murazzi; per questo nel locale rimane sempre qualcuno a vigilare, anche nel periodo di chiusura tra le 3 e le 7 del mattino».

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Rischi di vandalismi per i bar, ma rischi di furti consistenti per le industrie che hanno la sfortuna di ritrovarsi nelle vicinanze di campi nomadi abusivi (ma ricchi di auto di lusso), soprattutto nella periferia nord. Campi che stanno aumentando di numero e di consistenza, anche per effetto delle decisioni francesi che spingono carovane di zingari verso l'accogliente Torino. E per ottenere il rame dai cavi rubati si brucia la gomma e si intossicano i lavoratori delle aziende vicine. Nel silenzio generale per evitare di far crescere la rabbia. Ora, però, anche le autorità e le associazioni cominciano a spazientirsi. Di fronte ad un gruppo di rifugiati che, dopo aver rifiutato ogni ipotesi di sistemazione, ha scelto di occupare l'ennesimo edificio, il prefetto è sbottato ipotizzando calci nel sedere e dal Sermig (il servizio missionario giovanile) è arrivato l'invito a non essere troppo accondiscendenti con chi ha solo pretese.

Non mancano, comunque, iniziative di successo per il recupero del disagio. La Piazza dei mestieri, in Borgo san Donato, accoglie ogni anno più di 500 ragazzi "difficili". «Hanno tutti problemi di fallimenti scolastici alle spalle – afferma Cristiana Poggio – ma quasi sempre anche famiglie con problemi e spesso con un reddito inferiore alla soglia di povertà. Solo il 17% è straniero mentre gli altri arrivano da tutti i quartieri, dove vivono in una sorta di ghetto che si creano autonomamente, isolandosi dalla città insieme a pochi amici». Il 40% dei giovani, quando arriva alla Piazza dei mestieri, non ha neppure idea di quale sia il centro di Torino. Per questo, insieme ai corsi di formazione professionale, si lavora anche per l'integrazione con la città.

I risultati sono decisamente positivi e in media si perdono solo 10 giovani all'anno mentre quasi il 90% di chi ha finito i corsi e si mette in cerca di lavoro trova un'occupazione nell'arco di 4 mesi. Ma Poggio sottolinea anche l'importanza di un processo di legalità, con un crescente numero di giovani che, dopo i corsi, chiede di rientrare in un percorso scolastico regolare. Una legalità che appare evidente sin dalla sede della Piazza: nessuna scritta sui muri, nessuna carta per terra. Praticamente un miracolo, se raffrontato con i nuovi quartieri del degrado torinese.

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