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Adulterio solo al femminile. Anche l'Italia si mobilita per Sakineh

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Questo articolo è stato pubblicato il 02 settembre 2010 alle ore 16:31.

«Pietre né troppo grandi da uccidere subito né troppo piccole da non far male». A chi? A chi ha commesso adulterio, al 99% donne, perché, cosa neanche tanto strana, di adulteri maschi, con rapporti sessuali al di fuori dal matrimonio, e quindi presi a sassate grandi o piccole, con mani legate, occhi coperti e testa bassa, sino alla morte, chissà perché, non ve n'è ancora testimonianza, nei paesi in cui si grida alla giustizia divina ed egualitaria del'Islam.

La legge dell'occhio per occhio, dente per dente, non è poi così asessuata, in quei paesi che fanno dell'islam una loro interpretazione più che fondamentalista, del tutto e per tutto maschilista. La forma delle pietre è nelle "istruzioni per l'uso" dell'Iran targato Ahmadinejad. Che nel 2007 si era pronunciato a favore della ripresa delle esecuzioni, attraverso lapidazione nei casi di adulterio. Oggi con il caso Sakineh lo sconcerto ha preso forma internazionale, con una mobilitazione senza eguali, coinvolgendo sempre più persone, gente comune che firma appelli di liberazione, ma anche celebrità e perfino governi. In prima linea la premier dama Carla Bruni- Sarkozy, che per la sua azione si è vista minacciata e insultata, da uno dei quotidiani più conservatori iraniani, come una "prostituta" che deve fare la stessa fine di Sakineh.

Anche oggi l'Italia si è mobilitata per salvare Sakineh, con una manifestazione dinanzi all'ambasciata iraniana nella capitale. Con la pubblicazione per iniziativa del governo di una gigantografia di Sakineh sulla facciata di Palazzo Chigi, «per mobilitare le coscienze - hanno spiegato i ministri delle Pari opportunità e degli Esteri, Mara Carfagna e Franco Frattini - e contribuire a salvare Sakineh da una sentenza brutale e inaccettabile, la lapidazione. Far sapere all'intera comunità internazionale che l'Italia e gli italiani sono dalla parte di Sakeneh Mohammadi Ashtiani».

La storia di Sakineh pur se riguarda la sfera privata è ormai di dominio pubblico così come i lineamenti del suo volto difficile da scordare e che in realtà può essere solo la copertina di un libro di tante storie di donne che vivono ancora nella misoginia fatta regola e religione. Fatta sacra e quindi dogma incancellabile. In realtà è solo la malattia di una società che nella frustrazione non solo sessuale trova come capo espiatorio il sesso debole. Pur se nella maggior parte dei paesi islamici tale pratica non è prevista, non si possono non elencare quei paesi, oltre l'Iran, che invece la prevedono e la praticano. Come l'Arabia Saudita, gli Emirati Arabi, Sudan, Somalia, Nigeria, Pakistan, Yemen.

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Tags Correlati: Aisha Ibrahim Duhulow | Arabia Saudita | Carla Bruni | Iran | Italia | Lapidazioni | Mara Carfagna | Reati | Sarkozy | Somalia

 

La lapidazione è più praticata ed è più facile praticarla oggi che ai tempi del profeta. E il perché lo si riscontra nella storia dell'Islam: la pena della lapidazione esisteva prima nella tradizione ebraica, a Medina, città del profeta Muhammad, ed è stata assunta in seguito anche dalla tradizione islamica, la sunna. Tuttavia non è prevista nel Corano, che prevede solo la fustigazione, per chi è reo di rapporti al di fuori del matrimonio. La differenza dell'introduzione della lapidazione nella sunna (nel caso di coppie sposate, perché per chi non è sposato, è prevista solo la fustigazione) sta nell'aver imposto fortissime restrizioni alla sua pratica sino a renderla quasi impossibile se non per il reo confesso. Basti pensare che, per essere condannati per adulterio, ci devono essere quattro testimoni oculari nell'atto della penetrazione. Testimoni affidabili e musulmani praticanti. Passibili del reato di calunnia in caso la loro testimonianza non sia poi ritenuta attendibile.

Ora viene da chiedersi in quali circostanze e con quali probabilità si trovino quattro testimoni oculari nell'atto della penetrazione. E questo basta per dire che è davvero impraticabile, e che in realtà nella sua epoca è stata una pena più dimostrativa che altro.
Sakineh, però nel 2010 viene condannata per adulterio. Non si sa molto dei fondamentali quattro testimoni, così come non si hanno notizie dell'adultero. La stessa cosa valeva per le diverse testimonianze di donne lapidate, viste nei filmati. Anche su You Tube. Lapidate in modo così primitivo, tradendo anche la stessa tradizione islamica.

Tra i numerosi casi ci sono giovani donne come per esempio la piccola Aisha Ibrahim Duhulow, lapidata a morte a Chisimaio, Somalia. Aveva solo 13 anni. Era il 2008. Lapidazioni anche in questo caso senza né testimoni, né maschio peccatore. Solo lei. Lapidazioni che in realtà nascono anche da stupri. Un modo perché l'adultero non sia perseguibile. Le colpe ricadono solo sulla donna.

Dopo la notizia delle "torture psicologiche" inflitte dalle guardie alla prigioniera («preparati» le dicevano) il quotidiano britannico Guardian avverte: «più arriva pressione dall'estero, più si rifanno su di lei». In realtà, invece, la pressione deve continuare. Sakineh, per la legge dell'Iran, non ha via di scampo, ma noi dobbiamo crederci, così come il figlio Sajad: «finchè la sosterrete non la uccideranno». Bisogna rendere sempre più vergognoso agli occhi di tutto il mondo ciò che si vuol fare a questa donna. Non solo per lei ma per tutte quelle donne che si possono trovare nella sua condizione.

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