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Ora Fini mobilita il territorio. Così la macchina di Futuro e libertà si è già messa in moto

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Questo articolo è stato pubblicato il 11 settembre 2010 alle ore 09:30.

La macchina di Futuro e libertà si è messa in moto. Il non-partito di Gianfranco Fini adesso punta in "basso": sui consigli regionali, provinciali, comunali e perfino circoscrizionali. Insomma sul territorio, per dirla in politichese. Dalla Sicilia alla Lombardia dalla Campania al Veneto, senza dimenticare il Lazio, è cominciata «l'opera di sensibilizzazione». Ma quanti sono i proseliti? Finora i dati ufficiali parlano di almeno mille amministratori sparsi un po' in tutt'Italia. Un'inezia se confrontata alla pletora di poltrone occupate dagli esponenti del Pdl.

Qualcosa però si sta muovendo. Nonostante le smentite che arrivano dai vertici del Pdl. «In Lombardia non c'è un solo deputato e nemmeno un consigliere regionale ex An che abbia aderito ai finiani», diceva ieri Ignazio La Russa. Il coordinatore nazionale del Pdl dice il vero. Non ci sono deputati, ma c'è un senatore (Giuseppe Valditara) e pare che a Varese una parte non irrilevante proveniente da An (si parla di un'ottantina di amministratori) stia passando sulle sponde finiane. Anche nel Lazio c'è maretta. Le voci di acquisti finiani hanno agitato non poco il Campidoglio e la governatrice Renata Polverini.

«I miei consiglieri si mantengono saldi alla lista» in cui sono stati eletti, dice la presidente della regione. E anche il sindaco Gianni Alemanno assicura di non avere «nessun riscontro di scissioni, anche se non sarebbe un dramma». Dichiarazioni che giungono nel giorno della riunione del coordinamento laziale di Generazione Italia, la macchina organizzativa di Futuro e libertà, e all'indomani delle voci che davano per imminente l'ingresso di alcuni outsider tra i finiani, come l'ex medico della Roma Mario Brozzi, che invece ha seccamente smentito.

Ma scendendo più in basso, in realtà meno "esposte" qualche scricchiolio si avverte. I primi segnali erano arrivati dalla Sicilia. Qui il Pdl è addirittura diviso in tre tronconi: gli ufficiali, i cosiddetti lealisti che fanno capo a Renato Schifani e Angelino Alfano, i fedelissimi dell'eretico Gianfranco Miccichè (berlusconiano di ferro ma contro i lealisti) e i finiani, i quali con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio sono alleati e insieme tengono in vita la giunta regionale guidata dal leader dell'Mpa Raffaele Lombardo.

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Così succede che a Milazzo il candidato ufficiale del Pdl, l'ex sindaco Lorenzo Italiano, sostenuto dal coordinatore regionale Domenico Nania, ceda il posto a Carmelo Pino, anche lui ex sindaco e pure ex Fi ma ora assai vicino a Fini. Anche il presidente della provincia di Enna, Pippo Monaco, è passato nella pattuglia di Fli, guida una giunta senza avere la maggioranza anche grazie all'appoggio dell'Udc ma non sembra preoccupato: «Qui ad Enna la situazione occupazionale è talmente grave che nessuno se la sente di chiamare i cittadini al voto».

Ma non è solo la Sicilia nel caos. Anche in Puglia, dove il Pdl per la seconda volta, ha perso la presidenza della regione guidata da Nichi Vendola, qualche crepa si intravede. «Per giochi di potere, per non candidare la Poli Bortone e accordarsi con l'Udc hanno riconsegnato la giunta a Vendola nonostante il 52% dei pugliesi abbia votato contro di lui», dice Giammarco Surico, deputato regionale del Pdl con oltre 10mila preferenze. Surico è primario di oncologia a Lecce, ha lavorato negli Stati uniti dove ha ottenuto anche dei riconoscimenti (il premio Harvard nel 2002). È entrato nel Pdl senza essere passato né per Fi né per An («in gioventù simpatizzavo per i socialisti») ed ora si è schierato con Fini ed è vicecoordinatore dei 75 circoli di Generazione Italia.

Opposta la trafila del consigliere provinciale napoletano Giovanni Bellerè. Lui la politica l'ha masticata fin dal bambino (suo padre era parlamentare europeo di An) adesso è consigliere provinciale a Napoli: «Ho vinto per due volte nel collegio di Pecoraro Scanio dove il centro-destra non era mai passato ma quando si è trattato di fare la giunta al mio posto è entrata la meteorina di Emilio Fede (Giovanna Del Giudice, ndr)».

Continuando a salire, ci si imbatte nell'ex sindaco di Latina Vincenzo Zaccheo, nell'assessore viterbese Claudio Taglio. Ma sono soprattutto le nuove generazioni che sembrano attratte dal progetto finiano, anche al Nord. Niccolò Fraschini ha solo 24 anni, è consigliere comunale a Pavia. Il suo primo partito è stato Fi dove è entrato a 16 e da allora non ha più abbandonato il partito. Ora però ha lasciato Berlusconi per Fini: «Sono deluso, ci credevo nella rivoluzione liberale e invece di tutto ci occupiamo tranne che di vere riforme». È chiaro che la concorrenza dei finiani qui al Nord è soprattutto con il Pdl, ma non solo.

A Padova sono nati già 25 circoli: «Non è tutta gente di destra o che ha fatto politica – spiega Tommaso Tommasi, vicepresidente circoscizionale – molti provengono dalla cosiddetta società civile, soprattutto professionisti e molti universitari, per noi è un cambiamento forte perché entriamo in settori che prima erano monopolio della sinistra». Resta da capire se queste truppe "fai da te" siano strutturate per fare il grande salto: Fini ha preso il largo, ora deve dimostrare di avere davanti abbastanza acqua a disposizione per fare la traversata.

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