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Finanza e Mercati In primo piano

Euro e dollaro in discesa libera zavorrati dai debiti. Yen e Yuan ai massimi

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Questo articolo è stato pubblicato il 12 settembre 2010 alle ore 14:13.

Dopo aver spiegato che ci vorranno tre anni prima che l'economia americana riveda i massimi del 2006 e addirittura sei per riparare i danni creati dalla crisi al sistema finanziario, il vecchio Paul Volcker, ex presidente della Fed e ora consulente della Casa Bianca, ha concluso che i problemi di Europa e Stati Uniti corrono paralleli e che le rispettive valute denunciano i medesimi sintomi. Basta guardare i grafici per rendersi conto come dollaro ed euro siano pressochè ai minimi sulla maggior parte delle valute. Il biglietto verde non è mai stato così basso rispetto allo yen (salvo una breve caduta nel '95), è scivolato a valori che non ricordava dal 1977 sul dollaro canadese e dai primi anni 80 su dollaro australiano e neozelandese. L'euro ha rivisto i valori del 2001 sullo yen e sul dollaro canadese ed è al minimo storico sul franco svizzero. Se si fa il confronto con i paesi emergenti, ci si accorge che le due maggiori valute continuano inesorabilmente ad indebolirsi. Probabilmente continueranno a farlo anche in futuro.


Per ora sono loro a dominare il mercato dei cambi. Contando il dollaro il 42,5% degli scambi mondiali e l'euro quasi il 20%, è logico che la competizione tra queste due valute sia quella che più appassioni. Ma in questo loro gareggiare i due contendenti si vedranno in futuro inesorabilmente avvicinare da un gruppetto di outsiders: tra i primi, lo yuan cinese e il real brasiliano. Ci si può sbizzarrire nell'ipotizzare i più disparati livelli di cambio tra euro e dollaro: tra 1,20 e 1,50, come stima gran parte degli economisti o addirittura a 3, come ha pronosticato lo strategist di Summitomo Banking, diventato famoso per aver predetto lo scorso anno uno yen a 80 sul dollaro. Ma il buon Daisuke Uno fa parte di quella schiera di catastrofisti sulla valuta Usa (la vede a 50 sullo yen entro il 2011) e non è detto che una previsione azzeccata in passato debba rendere credibili anche le stime future. Chi volesse cimentarsi in ulteriori scommesse dovrebbe tener presenti alcune considerazioni: che le autorità politiche e monetarie europee e americane hanno gli stessi interessi (tener basso il valore della propria valuta); che le due aree hanno gli stessi problemi di debito pubblico (quello Usa è di fatto al 140% del Pil); che le due economie corrono quasi parallele, ma che negli Usa c'è un forte disavanzo commerciale.

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Tuttavia, chi pensa che il mercato possa essere manipolato lavora di fantasia. Dallo studio della Banca dei Regolamenti si ha l'immagine di un mercato gigantesco, con scambi medi giornalieri di 3.981 miliardi di $ (+261% rispetto a 12 anni fa). Per avere un'idea delle dimensioni, si pensi che Nyse e Nasdaq insieme scambiano poco più di 200 miliardi e che con tutte le borse del mondo non si arriva a 400. Pur sommando i mercato obbligazionari, si resta ben lontani dai numeri generati dalle valute. Certo la speculazione può ancora avere un ruolo, ma assai limitato rispetto alle scorribande di Soros su lira e sterlina nel '92. È vero che a Chigago (e non solo lì) i trader si danno da fare con i future. Gli ultimi dati segnalano posizioni ribassiste sul dollaro per 9,8 miliardi e sull'euro per 3,8. La speculazione di solito asseconda una tendenza (sono rialzisti per 7,8 miliardi di $ sullo yen), ma difficilmente è in grado di creare movimenti duraturi. Basti pensare che a maggio, al momento del massimo ribasso sull'euro, s'erano raggiunte posizioni ribassiste per 19 miliardi di $: appena il 2,5% degli scambi sulla valuta europea.
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