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Questo articolo è stato pubblicato il 13 settembre 2010 alle ore 08:04.
Meno di 2.700 progetti in 63 città: i numeri sono quelli che sono. A un anno e mezzo dalla firma dell'intesa stato-regioni, pochissime famiglie hanno utilizzato il piano casa per ingrandire le proprie abitazioni. Un'indagine del Sole 24 Ore tra un campione di capoluoghi di provincia fotografa la tendenza: ogni municipio ha ricevuto in media 42 istanze e, se si escludono i centri del Veneto e della Sardegna, il dato si abbassa a 20.
«L'idea è ottima, ma finora è stato un fallimento», rileva Andrea Marani, vicepresidente dell'Ance, l'associazione dei costruttori. «L'effetto anticiclico sull'edilizia non c'è», aggiunge Lorenzo Bellicini, direttore del Cresme, l'istituto di ricerche che nella primavera dell'anno scorso stimò un effetto potenziale da 60 miliardi per il piano casa.
Qualcosa, è evidente, non ha funzionato. Innanzitutto, il mosaico di leggi regionali e delibere comunali ha richiesto troppo tempo per essere completato. In Abruzzo il termine assegnato ai consigli comunali è scaduto solo prima delle ferie, mentre in Calabria – ultima a varare la legge – si è appena aperto. E in alcune città, come Ragusa o Siracusa, il comune ha da poco definito i criteri da seguire per avviare i lavori.
Quasi tutte le leggi, poi, escludono i condomìni e i capannoni. I cantieri, quindi, si concentrano su villette e palazzine, meglio se collocate in periferia, dove il tessuto urbano è meno fitto ed è più facile rispettare le distanze minime dai vicini. Anche le vecchie cascine, spesso, sono tagliate fuori, perché il cambio d'uso è vietato.
Senza contare che le normative sono oggettivamente complicate. I proprietari hanno sì la possibilità di superare i limiti del piano regolatore, ma la deroga non è (né potrebbe essere) in bianco: bisogna pur sempre rispettare i vincoli e le regole di settore. A Imperia, ad esempio, sono state chieste 27 autorizzazioni paesaggistiche per lavori legati al piano casa, e per dieci di queste l'iter è ancora in corso.
Altro elemento critico è la necessità di raggiungere standard elevati di efficienza energetica: in Piemonte, quando si fa un ampliamento, bisogna adeguare tutto l'edificio. Richiesta sensata, ma che comporta maggiori spese. Ed ecco spiegato perché a Verbania la maggior parte degli ampliamenti siano varianti di progetti non ancora ultimati.