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Questo articolo è stato pubblicato il 14 settembre 2010 alle ore 16:50.
Gli affamati nel mondo sono in calo per la prima volta da quindici anni. Secondo il rapporto «Sofi 2010, Lo stato dell'insicurezza alimentare», presentato oggi a Roma da Fao e Pam, Programma alimentare mondiale dell'Onu, sono 925 milioni le persone nel mondo che soffrono la fame, in dimuzione del 9,6% rispetto al 2009, quando superavano quota un miliardo di unità. Un livello che rimane comunque «inaccettabilmente alto», è scritto nello studio, che sarà pubblicato in ottobre.
Il calo - sottolinea la ricerca - è dovuto alla discesa dei prezzi alimentari dopo i picchi 2008 e alla crescita economica registrata nell'area asiatica grazie al traino di Cina e India. Secondo la Fao, tuttavia, nonostante il quadro migliori, la fame è ancora un problema lontano dall'essere risolto e mette a rischio gli obiettivi di contrasto fissati dalla comunità internazionale, come quello del World Food Summit del 1996 che punta a far scendere a 400 milioni gli affamati nel mondo entro il 2015.
Il direttore generale della Fao, Jacques Diouf sottolinea come la regione Asia-Pacifico sia quella che conta il maggior numero di persone sottonutrite ma, grazie al calo del 12% rispetto al 2009 che la porta ad attestarsi a 578 milioni di affamati contro i precedenti 658, «è artefice in larga parte del miglioramento registrato a livello globale».
Nell'Asia subsahariana - nota ancora lo studio - la proporzione di persone affamate rimane altissima, al 30% attestandosi a 239 milioni. Sono 53 milioni gli affamati che si registrano nell'America Latina e Caraibi, 37 milioni quelli in Nord Africa e 19 milioni quelli nei Paesi sviluppati, economie rodate che comunque non riescono a debellare il problema. I Paesi in via di sviluppo rappresentano comunque il 98% della fame nel mondo.
Due terzi di quanti soffrono la fame vivono in soli sette Paesi (Bangladesh, Cina, Repubblica democratica del Congo, Etiopia, India, Indonesia e Pakistan) e oltre il 40% vive in Cina e India. Il fatto è che i Paesi poveri dimostrano scarsa capacità di assorbire le crisi economiche e le impennate delle derrate alimentari e il recente aumento dei prezzi, dovuto alle tensioni sui cereali dopo l'estate di incendi in Russia, «nel caso persistesse creerebbe ulteriori ostacoli nella lotta alla fame». C'è ancora molto lavoro da fare per sradicare le radici profonde della fame - concludono dalla Fao - e i governi dovrebbero incoraggiare gli investimenti in agricoltura, sviluppare le reti di sicurezza e i programmi di assistenza sociale, e rafforzare le attività che generano reddito per i gli agricoltori poveri.