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Questo articolo è stato pubblicato il 10 settembre 2010 alle ore 23:34.
Scatta l'allarme prezzi sui prodotti di largo consumo. Sui mercati internazionali i listini delle materie prime agricole continuano a rimanere in tensione, con inevitabili ricadute sui prezzi al consumo. Per ora solo in parte interessati da questo piccolo terremoto, ma l'autunno e il 2011 si preannunciano caldi, non a caso la Fao ha convocato una riunione d'urgenza sui prezzi alimentari.
In Italia l'industria casearia ha registrato un aumento del 10/15% del prezzo del latte alla stalla, i torrefattori segnalano un rincaro del caffè crudo del 60%, gli industriali mugnai del 40% del frumento tenero, gli imballaggi del 30% in 7 mesi e, ieri, la Pirelli ha comunicato l'aumento, da ottobre, dei prezzi in Europa del 4% per gli pneumatici consumer e del 6% per il segmento industrial (già applicato). La Fao evidenzia che l'indice globale dei prezzi delle carni in agosto ha raggiunto un massimo ventennale mentre il Food price index, riferito a un paniere di generi alimentari, è ai massimi biennali.
Vincenzo Tassinari, presidente del Consiglio di gestione di Coop Italia, che giovedì aveva lanciato l'allarme prezzi e speculazione, ritorna sull'argomento precisando: «Le associazioni dei produttori possono negare, per difesa d'ufficio, il ritocco dei listini ma sulla mia scrivania ci sono richieste di aumenti dei prezzi dei prodotti di base che, se accolte, farebbero schizzare l'inflazione nel 2011 al 3/4%. E su questa potrebbe inserirsi la speculazione, spingendo l'inflazione fino al 5%. Come? Per esempio, con la ritenzione di prodotto in attesa dell'aumento dei prezzi».
Poi Tassinari specifica che le richiesta di aumenti sono per farine, latte, riso, pomodori, carne e prodotti legati alla cellulosa. «Non voglio dire – conclude Tassinari – che non ci siano stati aumenti sul mercato internazionale ma riconosceremo solo quelli reali e nella giusta misura».
Sulla stessa lunghezza d'onda Esselunga. «Abbiamo ricevuto numerose richieste di aggiornamento prezzi – dicono dal quartier generale milanese – ma soltanto alcune, come latte e cellulosa, sono giustificate dal boom delle materie prime. Altre sembrano operazioni speculative. E le respingeremo».
Francesco Pugliese, direttore generale di Conad, conferma il warning lanciato da Tassinari e dice: «Per ora stiamo discutendo con l'industria dei ritocchi richiesti, in particolare per pomodoro, farine, latte e carne. Accetteremo soltanto quelli giustifcati. Tuttavia Conad non grida al lupo per anticipare i colpi, anzi si appella al senso di responsabilità di tutti per non creare un clima sgradevole. E alla fine mi auguro che i prezzi al consumo, smaltita l'impennata, seguano i livelli delle commodity».
Per ora però Gaetano Mele, ad di Lavazza, non può fare a menodi sottolineare il gran balzo del prezzo del caffè crudo: +60% in sei mesi. «Causato – spiega Mele – dal rafforzamento del dollaro e, in mancanza di ragioni obiettive, dalla speculazione. Fino a oggi non abbiamo scaricato a valle nemmeno una parte di questi aumenti, grazie a processi di efficientamento e alle scorte. Ora però siamo costretti a farlo, almeno a trasferire una parte dell'aumento del 35% sul costo finale». E se le Borse del caffè continuassero a rimanere in tensione? «Allora – conclude il top manager di Lavazza – saremo costretti a ritoccare nuovamente i listini in marzo».
«Davanti a fenomeni speculativi internazionali – dichiara Rossella Saoncella, direttore generale del gruppo Granarolo – i singoli comparti o le imprese possono fare ben poco, se non cercare di salvaguardare le condizioni di sostenibilità proprie e della filiera a monte. Nel 2010 stiamo registrando un rincaro del prezzo del latte alla stalla del 10-15%, in seguito agli aumenti di cereali e mais. Ecco perché stiamo rinegoziando i prezzi di cessione dei nostri prodotti alla distribuzione».
Nel comparto dei prodotti per la cura della casa e della persona, più legato al chimico, secondo Procter & Gamble non ci sono particolari pressioni sui prezzi e mancano le condizioni di mercato per chiedere adeguamenti. «La domanda è debole – precisa Paola Aruta – e le nostre categorie di prodotti sono stabili o in contrazione. Ci aiuta soltanto la nostra capacità d'innovazione e gli investimenti in marketing».
Infine Lugi Bordoni, presidente di Centromarca, l'Associazione dell'industria di marca, sottolinea lo sforzo delle imprese «per contenere gli aumenti delle materie prime che finora si sono scaricati sui margini delle imprese. Negli ultimi sette anni a fronte di incrementi dei prezzi dei servizi bancari, assicurativi e professionali del 18/37%, il grocery si è limitato al 7%. Un segnale preciso delle differenze esistente tra noi e i mercati protetti».
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