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Berlusconi rinuncia alla piazza e pensa a un discorso alla nazione

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Questo articolo è stato pubblicato il 16 settembre 2010 alle ore 09:30.
L'ultima modifica è del 16 settembre 2010 alle ore 10:32.

ROMA - Nessuna marcia, nessuna grande manifestazione a Piazza Duomo, ma solo il comizio di chiusura della festa nazionale del Pdl, che si terrà vicino al Castello sforzesco. Silvio Berlusconi vuole mantenere i toni bassi. Intervistato da Le Figaro ribadisce di «non avere alcun dubbio» di continuare a governare fino al 2013. Il premier mostra sicurezza ma allo stesso tempo evita esternazioni che possano provocare reazioni negative in vista del suo intervento alla Camera il prossimo 28 settembre, che il Cavaliere vuole trasformare in una sorta di appello «alla nazione», indirizzato a tutti i moderati, anche a coloro che attualmente militano nell'opposizione.

Berlusconi non rinuncia alla campagna acquisti, ma la strategia è cambiata. Il premier non ha gradito l'eccessiva enfasi sul cosiddetto «gruppo di responsabilità». L'idea rimane sempre la stessa: allargare la maggioranza per disarmare i finiani, ma senza ricorrere ad azioni di forza plateali che finiscono per essere «controproducenti». Non a caso ieri a Palazzo Grazioli non c'è stato il via vai dei giorni scorsi. Il premier ha preferito tenersi distante dalle «operazioni» di mercato anche per evitare di alzare la tensione con Casini. Berlusconi non ha infatti ancora rinunciato a un riavvicinamento con l'Udc, peraltro sponsorizzato da buona parte del Pdl anche in chiave anti-Fini. Poco importa che la Lega si sia opposta finora. C'è addirittura chi sostiene che il dibattito parlamentare potrebbe alla fine non tradursi in un voto di fiducia proprio per evitare di «forzare la mano». Certo è che il premier è piuttosto irritato con i suoi, o meglio, con chi si è proposto di "aiutarlo". Si ripete un po' il canovaccio andato in scena alla vigilia della nascita dei gruppi di Camera e Senato di Futuro e libertà, quando chi arrivava a Palazzo Grazioli assicurava che Fini poteva contare su «18 al massimo 19 deputati mentre al Senato non arrivano a dieci». Poi si sa come è andata a finire.

Il Cavaliere quindi preferisce prendere tempo. All'esterno si mostra convinto di andare avanti. Spende parole di ottimismo sulla ripresa e dice che ormai «la crisi è superata». Contemporaneamente cerca di aumentare i sostenitori del governo. Qualcuno continua a garantirgli che prima o poi arriveranno anche defezioni dal fronte finiano. Ma al momento gli importa poco. Anche perché con Fini dovrà comunque gestire la partita sullo scudo giudiziario. Forse per questo l'ipotesi di sostituire la presidente della commissione Giustizia della Camera Giulia Bongiorno con un finiano moderato come Giuseppe Consolo sta perdendo quota. Per Berlusconi il via libera allo scudo giudiziario è un passaggio fondamentale. Ma perché sia efficace deve allargare il più possibile consenso. L'attività parlamentare delle commissioni è stata rinviata proprio per l'organizzazione al loro interno dei gruppi finiani. Nel frattempo il leader dell'Udc ha deciso di entrare a far parte della commissione Giustizia, lanciando un segnale significativo su quale sia il vero campo di gioco. Nessuno dubita infatti che il premier a fine settembre sia ancora saldo in sella al suo governo. I problemi cominceranno dopo, quando si tratterà di contrattare il passaggio dei vari provvedimenti. «La cosa più preoccupante – diceva ieri un berlusconiano della prima ora – è che manca del tutto una strategia e si lascia troppo spazio all'improvvisazione e soprattutto agli improvvisatori».

Tramonta il gruppo di reponsabilità nazionale alla Camera ma Berlusconi non demorde

L'ipotesi del gruppo di responsabilità nazionale sembra al momento tramontata. Almeno a giudicare

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