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Il 55% cerca il pareggio dei conti

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Questo articolo è stato pubblicato il 27 settembre 2010 alle ore 08:06.

Dipendesse dalle imprese, il bonus del 55% sarebbe già stato prorogato oltre il 2010. Anzi, sarebbe ormai stabilizzato. Invece la scadenza del 31 dicembre si avvicina, e nessuno al momento è in grado di dire che fine farà la detrazione fiscale sugli interventi di risparmio energetico. Senza proroghe, tutto si chiuderà a fine anno, e ai contribuenti resterà solo il 36% sulle ristrutturazioni edilizie (già prolungato al 2012).


Questione di numeri e di costi: dal ministero dell'Economia, l'ultima presa di posizione ufficiale è quella del sottosegretario Luigi Casero, che un anno fa aveva ipotizzato di prorogare il 55% «l'anno prossimo». Cioè nel 2010. Il tema, però, sembra uscito dall'agenda politica e – nel silenzio delle autorità – si fa strada l'idea che la detrazione possa essere troppo costosa per le casse pubbliche.

I dati dell'Enea dicono che tra il 2007 e il 2009 i privati hanno investito 7,9 miliardi per effettuare interventi agevolati (infissi isolanti, caldaie a condensazione, panelli solari, coibentazioni). Alla fine del 2010, si stima, il totale arriverà a 11,1 miliardi, che corrispondono a 6,1 miliardi di detrazioni.

È questo il costo per l'erario? Da un punto di vista puramente contabile, sì, ma bisogna valutare che le minori entrate sono diluite in un arco di tempo piuttosto lungo, in base al numero di anni in cui i contribuenti devono ripartire la detrazione. Il grafico a destra simula questa situazione, misurando – anno per anno – le minori imposte incassate dal fisco. Di fatto, anche senza proroga, l'erario continuerebbe a pagare il 55% fino al 2015.

Tutto questo ragionamento, però, trascura due aspetti fondamentali. Primo: se non ci fosse stato il 55%, i proprietari avrebbero comunque avuto il 36% sulle ristrutturazioni edilizie. Secondo: negli 11,1 miliardi spesi dai privati per riqualificare gli edifici, c'è anche una fetta di lavori che – senza il 55% – non sarebbero stati effettuati o sarebbero stati effettuati in nero. Su questo secondo punto non esistono dati certi, ma qualche indicazione può arrivare da un sondaggio del Cresme, secondo cui il 28% di coloro che hanno effettuato lavori per il risparmio energetico non li avrebbe fatti senza la detrazione, mentre il 19% avrebbe speso il minimo indispensabile.

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Il pagamento va eseguito entro fine anno

Corsa contro il tempo per eseguire, entro la fine del 2010, il bonifico del 55 per cento. Se non ci

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Se fosse davvero così, vorrebbe dire che 4,1 degli 11,1 miliardi di lavori agevolati sono stati "indotti" dalla presenza del 55 per cento. Quindi, le imprese che hanno eseguito questi lavori hanno versato tributi che altrimenti lo stato non avrebbe incassato.

Considerando che le casse pubbliche avrebbero comunque dovuto pagare il 36%, e tenendo conto delle imposte sui lavori "indotti", il costo effettivo del 55% scende da 6,1 a 2,9 miliardi di euro. È vero quindi che la detrazione si autofinanzia almeno in parte, come sostengono i suoi sponsor. Ma è vero anche che il bilancio della misura può chiudere in attivo solo se si conteggiano anche le ricadute non fiscali.

Proprio per soppesare tutti gli aspetti in gioco, l'Enea ha commissionato al Cresme un rapporto dettagliato, che ora è sul tavolo dei dirigenti del ministero dello Sviluppo economico, insieme a un altro report – elaborato direttamente dall'Enea – che misura gli effetti benefici della detrazione sulla filiera produttiva, i prezzi e la concorrenza.

Secondo i dati anticipati in un recente convegno, il Cresme calcola che il bilancio al 2015 del 55% sia positivo per il sistema-paese, grazie ai risparmi sulla bolletta energetica nazionale, all'incremento del reddito immobiliare che i proprietari potrebbero ricavare affittando le case riqualificate e, infine, alle maggiori entrate per il fisco (nell'ipotesi che i soldi restituiti agli 800mila beneficiari della detrazione siano subito spesi e alimentino nuove imposte). E questo senza quantificare altre ricadute socio-economiche, come il sostegno all'occupazione in una fase di difficoltà per l'edilizia. Si tratta allora di capire se il fisco vorrà e potrà continuare a sostenere una misura che innesca tutte queste "ricadute".

«Chiediamo che il rapporto venga trasmesso al più presto al ministero dell'Economia e siamo disponibili a essere ascoltati», spiega Angelo Artale, direttore generale di Finco, la federazione che rappresenta la filiera delle costruzioni. «Il 55% è una misura di sviluppo, positiva per tutti, non solo per le imprese», aggiunge. Un altro rapporto sarà presentato sabato prossimo all'assemblea generale di Uncsaal, altra associazione di categoria, e chissà che non emerga qualche certezza in più.

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