Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 28 settembre 2010 alle ore 18:40.
Il Pd boccia il disegno di legge collegato sul lavoro che domani l'aula del Senato è chiamata a licenziare in sesta lettura, dopo il rinvio del capo dello Stato, Giorgio Napolitano e prima del passaggio alla Camera per il varo definitivo. «È un provvedimento scadente e scaduto - ha spiegato il numero due dei democratici, Enrico Letta, durante una conferenza stampa - che non contiene le parole "politiche del lavoro"». Secondo il vicesegretario del Pd, poi, il testo contiene una versione dell'arbitrato, su cui erano appuntate le perplessità di Napolitano, «che non funzionerà».
Dunque un no convinto dei democratici che oggi pomeriggio hanno anche organizzato un sit-in di protesta davanti a palazzo Madama. «È un motivo in più - ha aggiunto Letta - per bocciare i 5 punti del programma di governo che domani il presidente del Consiglio illustrerà alla Camera e richiedere le dimissioni di Berlusconi e del governo, per aprire una fase nuova». Per la capogruppo dei senatori del Pd, Anna Finocchiaro, si tratta di «un testo con norme che non hanno niente a che fare con il lavoro e il mercato del lavoro: sembra il canto ultimo di un governo fatto di soggetti che sanno che la fine è vicina».
Sotto accusa c'è soprattutto la norma che disciplina l'arbitrato. Secondo il relatore del ddl, Maurizio Castro, «il testo è stato migliorato», ma i democratici sono di diverso avviso. «Sull'arbitrato - ragiona Letta - si è tentato di scalfire i principi più importanti in materia di diritto del lavoro, ma deve essere chiaro che per noi il diritto del lavoro non è una branca del diritto commerciale: il diritto commerciale si occupa di cose, mentre il diritto del lavoro si occupa di persone. Approfittare della crisi per tentare operazioni di questo genere è un tentativo che respingeremo». Ieri l'aula aveva bocciato le tre pregiudiziali di costituzionalità presentate due dal Pd (a firma dell'ex ministro del Lavoro, Tiziano Treu e del giuslavorista Pietro Ichino) e una dall'Idv. (Ce. Do.)