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Ecco chi ha garantito i numeri che fanno andare avanti il governo. Fini annuncia il nuovo partito

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Questo articolo è stato pubblicato il 29 settembre 2010 alle ore 20:21.

I finiani "salvano" il governo Berlusconi che raggiunge quota 342 grazie al pacchetto di consensi garantito da Futuro e libertà. Mentre il gruppo di Raffaele Lombardo, che conta 5 deputati, si divide: uno non risponde alla chiama e quattro votano sì. Ma a pesare è soprattutto il voto a favore di Fli: senza di loro l'esecutivo è ben lontano dalla soglia dei 316 voti necessari ad assicurarsi la maggioranza, che oggi, date le assenze, era fissata a 309. Senza Fli e Mpa, però, la maggioranza è ferma a 307 voti.

Anche tra i finiani, che accelerano sul nuovo partito, non mancano comunque i distinguo nonostante il sì annunciato durante le dichiarazioni di voto. Boccia la fiducia infatti uno dei falchi di Fli, Fabio Granata. La presidente della commissione Giustizia, Giulia Bongiorno, non risponde alla prima chiama, ma alla seconda entra e vota sì. Nel computo finale manca anche il voto di Roberto Menia che risulta in missione (anche se lui dichiara di essersi assentato per un'intervista), mentre l'ex ministro Mirko Tremaglia si allinea a Granata e non concede il proprio via libera. Nel complesso dunque da Fli arrivano 31 voti (Fini non ha votato come da prassi parlamentare).

Rispetto alle previsioni si registrano comunque degli scostamenti. Si sono infatti sfilati i tre liberaldemocratici (Tanoni, Melchiorre e Grassano) che pure nei giorni scorsi si erano detti disponibili a un eventuale sostegno all'esecutivo, ma oggi hanno detto no alla fiducia.

Gli altri sì sono sostanzialmente quelli annunciati alla vigilia. A cominciare dalla pattuglia di Noi Sud che hanno assicurato il loro appoggio al governo (alla fine, però, i voti saranno quattro e non cinque perché manca il voto di Antonio Gaglione), come pure i due dei Repubblicani-Alleanza di Centro (Nucara e Pionati), mentre il terzo componente del gruppo, il repubblicano Giorgio La Malfa si è smarcato dagli altri due e ha negato la fiducia all'esecutivo. A favore della maggioranza si è espresso anche l'ex Api Bruno Cesario, mentre l'ex presidente di Federmeccanica, Massimo Calearo non ha risposto alla prima chiama e poi si è astenuto. Il via libera dell'esecutivo è poi arrivato anche cinque dissidenti dell'Udc di Casini (i quattro siciliani Romano, Ruvolo, Drago e Mannino e il campano Pisacane) che alla Camera hanno costituito la formazione "Popolari per l'Italia di domani". Il sì al governo arriva infine anche dall'ex Idv, ora nel gruppo misto, Americo Porfidia.

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Tags Correlati: Antonio Gaglione | Bruno Cesario | Camera dei deputati | Comitato Esecutivo | Federmeccanica | Gianfranco Fini | Giorgio La Malfa | Governo | Idv | Italia | Mirko Tremaglia | Movimento per l'Autonomia | Pd | PDL | Raffaele Lombardo | Roberto Menia | Silvio Berlusconi | Udc |

 

Ma tutto ciò non basta a superare l'agognata asticella e alla fine l'esecutivo, senza Mpa e finiani, si ferma a quota 307. Non confermando, dunque, la previsione del coordinatore del Pdl, Ignazio La Russa. Che si era detto convinto della capacità del governo di assicurarsi almeno 309 voti, a prescindere da finiani e Mpa, che pure avevano detto sì alla fiducia chiesta alla Camera da Silvio Berlusconi. «Se arriviamo a 309 voti - era stato il ragionamento di La Russa - vuol dire che siamo autosufficienti e questo rende più semplice anche una intesa politica con i finiani, perché non nasce dallo "stato di necessità" del governo».

Il voto di fiducia (palese e per chiamata nominale) era cominciato verso le 18.30 subito dopo la replica del presidente del Consiglio e le dichiarazioni di voto dei gruppi. A votare per primi, su loro richiesta, erano stati il ministro della Difesa Ignazio La Russa e il segretario del Pd Pierluigi Bersani. Esaurite le richieste personali di voto anticipato, aveva avuto inizio la chiama dal deputato Vassallo. Lo scrutinio era iniziato in leggero anticipo rispetto al previsto (le 19), in virtù dell'intesa unanime dei gruppi che avevano acconsentito a derogare alla regola delle 24 ore fra il momento dell'apposizione della fiducia e la votazione.

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