Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 30 settembre 2010 alle ore 19:15.
Qualcuno dentro il Pdl ha già fiutato aria di ribaltone. Tanto che, prima il ministro Gianfranco Rotondi e poi il coordinatore del Pdl Sandro Bondi, hanno subito stigmatizzato l'iniziativa.«È singolare che Casini - attacca il primo - cerchi voti per cambiare una legge elettorale che fu adottata si richiesta del suo partito. Adesso c'è e non si cambia». Mentre Bondi si spinge un po' più fin là fino a ipotizzare che «se si dovesse creare un asse tra Pd, Udc e Fini» sul cambiamento del "porcellum" «ciò significherebbe la fine del bipolarismo e insieme la sconfitta del Pd come ipotesi democratica».
E se non è proprio un asse poco ci manca. Perché è bastato che Pierferdinando Casini, leader dell'Udc, chiedesse al presidente della Camera, Gianfranco Fini, di sollecitare la commissione Affari costituzionali ad avviare l'esame dei progetti di riforma del "porcellum", per assistere a un primo fronte con il Pd. Che, con Dario Franceschini, si è subito associato alla richiesta dei centristi. E poco importa che, sulle formule, l'accordo sia lontano (Casini vorrebbe un sistema proporzionale alla tedesca corretto con il "provincellum", mentre dentro il Pd è tutto un fiorire di ricette differenti), quello che conta è il passo politico. Che ha un significato molto chiaro.
La decodifica centrista della scelta di Casini è la seguente. «È un posizionamento tattico in vista di possibili esiti elettorali sia che non si vada al voto ora - sottolineano dall'Udc al Sole24ore.com - sia che la situazione precipiti per Berlusconi, per Bossi o per uno scherzetto di qualcuno». In sostanza, il tentativo di far capire (a Silvio Berlusconi e ai suoi) che è possibile coagulare sulla legge elettorale una maggioranza significativa. Che include, oltre all'Udc, anche il Pd, l'Idv e i finiani.
Certo poi Fini ci tiene a chiarire che un suo input alla commissione non ha alcuna valenza politica. «Se nella capigruppo due presidenti fanno una richiesta di calendarizzazione - spiegano dal suo entourage al Sole24ore.com - il presidente della Camera ha il dovere di trasmettere la richiesta al presidente della commissione ed è quello che farà. Ma è prassi parlamentare, nulla più». Insomma, l'asse in casa di Fini si nega. Ma al Senato, ancora oggi, il finiano Pasquale Viespoli, ricordava che «non facciamo ribaltoni, noi siamo rispettosi della sovranità popolare e proprio in nome della sovranità popolare chiediamo che si cambi l'attuale legge elettorale». Dunque, gli spazi di dialogo ci sono e Casini ha gettato di nuovo l'amo.