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Questo articolo è stato pubblicato il 01 ottobre 2010 alle ore 16:29.
Risponde con la consueta franchezza anche se le critiche sottili questa volta arrivano dal premier Silvio Berlusconi. «Sono stato chiamato al Giornale per ripianare i conti, ma se la mia presenza è d'impiccio me ne vado, senza polemiche». Parola del direttore editoriale de Il Giornale, Vittorio Feltri, che replica così, interpellato dall'Ansa, al discorso pronunciato ieri dal Cavaliere. Che, durante l'intervento prima del voto di fiducia al Senato, aveva sostenuto che «i giornali considerati più vicini a noi forse ci fanno più male che bene». Una bacchettata al Giornale e a Libero che negli ultimi mesi hanno attaccato dalle loro pagine il presidente della Camera, Gianfranco Fini.
Feltri è poi tornato sull'attentato subito ieri da Maurizio Belpietro. «Paura? Io la mia vita l'ho fatta, ho figli grandi e vado per i 68 anni e poi meglio morire per una schioppettata che in ospedale pieno di flebo». Insomma, Feltri sfodera la solita pungente ironia e si sofferma poi sulla sua situazione, lui che è sotto scorta ormai da 8 anni.«All'inizio - afferma - è una scocciatura ma poi ci si abitua a tutto». Quindi si stringe al collega di Libero. «Mi metto nei panni di Belpietro - continua Feltri - che ha 52 anni, due figlie piccole e una moglie che non lavora. Io di questo mi preoccuperei, come cittadino oltre che come amico».
Quando poi il cronista gli domanda se è il clima di odio che si respira nel paese ad alimentare simili episodi, il direttore editoriale del Giornale non si sottrae. «Ormai in Italia - risponde Feltri - ci sono due tifoserie, gli ultrà di Berlusconi e gli ultrà degli anti-Berlusconi e questo dà luogo a una reciproca delegittimazione. E quando ti trovi tra due tifoserie, capita di prenderle da tutte e due le parti».