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Berlusconi accelera sul federalismo. Ecco il decreto che detta le regole della fiscalità delle regioni

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Questo articolo è stato pubblicato il 07 ottobre 2010 alle ore 08:08.

L'approvazione finale del federalismo arriverà entro dicembre o «al massimo entro marzo del prossimo anno». A dettare i tempi della riforma è stato lo stesso presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, annunciando mercoledì sera, 6 ottobre, in una conferenza stampa a Palazzo Chigi l'agenda di governo per i prossimi mesi.

Il nuovo colpo di acceleratore sul federalismo è atteso già per oggi. Il consiglio dei ministri convocato per questa mattina approverà, in un solo testo, gli ultimi tre tasselli attesi per completare il complesso mosaico dell'attuazione: «C'erano tre decreti delegati distinti ha sottolineato Berlusconi. Abbiamo ritenuto che valesse la pena concentrare tutto in un solo provvedimento di 27 punti». Salvo improbabili dietrofront notturni, i 27 articoli che saranno approvati in prima lettura per poi essere inviati alla conferenza unificata e all'esame delle Camere, si dividono in cinque capi.

Il primo detta le regole sulla fiscalità delle regioni. E su questo i governatori possono ritenersi soddisfatti, vedendo accolte numerose delle osservazioni formulate negli ultimi giorni. Scompare, ad esempio la compartecipazione Irpef che sarà soltanto addizionale. Arriverà in due fasi. La prima dal 2012 e sarà rideterminata dal governo in modo tale da poter assicurare alle regioni entrate corrispondenti ai trasferimenti statali soppressi da questo stesso decreto (articolo 6). Dal 2014, poi, l'addizionale potrà essere aumentata fino a un massimo del 3% ma con una maggiore gradualità rispetto alla versione del decreto circolarta a metà settembre: la maggiorazione, come l'attuale, sarà dello 0,9% con un possibile ulteriore incremento fino allo 0,5% dal 2013, all'1,1% dal 2014 e al 2,1% dall'anno successivo.

A garantire la neutralità della pressione fiscale sui contribuenti – almeno nelle intenzioni – già a partire dal 2012 si prevede una corrispondente riduzione delle aliquote Irpef di competenza statale e, soprattutto, l'addizionale potrà muoversi sempre e solo nell'ambito degli scaglioni Irpef previsti dalla legge statale. Non solo: la possibilità di ridurre l'Irap, anche fino ad azzerarla, sarà consentita soltanto ai governatori che non procederanno ad aumentare dell'1,4% (0,9 fisso e 0,5 dal 2013) l'addizionale Irpef. Principio che vale anche in senso inverso, ovvero sì all'aumento dell'Irpef solo di fronte a una riduzione Irap.

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Ad accrescere la manovrabilità fiscale dei governatori concorre anche la compartecipazione Iva, che diminuirà nei prossimi anni ma senza una previsione rigida come era scritto nella precedente bozza. La quota di Iva che entrerà nelle casse delle regioni non sarà più pari al 25% fisso, ma sarà calcolata di volta in volta con le regole attuali fino al 2013 in relazione a quanto devoluto alle regioni e in funzione delle risorse Ue. Dal 2014, poi, la percentuale di compartecipazione Iva sarà stabilita dal governo, sentite le regioni, in modo tale da garantire in ogni ente territoriale il finanziamento delle spese essenziali (sanità, assistenza, istruzione, trasporto pubblico locale).

Oltre alla nuova tassazione delle province (per il capo II si veda Il Sole 24 Ore di ieri) e i costi standard delle regioni (capo IV) cui si rinvia al servizio qui a fianco, il nuovo maxi-decreto sul federalismo introduce dal 2016 il fondo perequativo per comuni e province (capo III). Istituto che va a integrare quello sperimentale previsto dalla fiscalità "municipale" approvata in prima lettura il 3 agosto scorso. Due le novità di rilievo: la gestione sarà affidata alle regioni e per la ripartizione del fondo ai singoli enti si terrà conto, oltre che del fabbisogno finanziario anche dell'indicatore di «fabbisogno di infrastrutture», tenendo conto della programmazione regionale di settore per il finanziamento della spesa capitale e delle risorse erogate dalla Ue.

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