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Questo articolo è stato pubblicato il 06 ottobre 2010 alle ore 11:30.
Al Consiglio superiore della magistratura si cerca un'iniziativa unitaria in risposta al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi per le accuse lanciate alla magistratura dal palco della festa del Pdl a Milano. Una «risposta sobria e istituzionale», per reagire alle accuse di Berlusconi sull'esistenza di quell'«associazione a delinquere» che punterebbe a far cadere il governo, contro la quale si dovrebbe mettere in campo una commissione parlamentare che indaghi sull'operato di «certi pm». Secondo il presidente di Anm, Luca Palamara, il rischio «è che si sovvertano gli equilibri tra istituzioni».
Se ne discute in commissione al Csm, ma ci sono tempi tecnici per giungere a una quadra. Perché la maggiore difficoltà è ottenere anche il consenso dei laici indicati dalla maggioranza. Oggi è riunito il plenum, mentre ieri si sono svolte una serie di riunioni tra i consiglieri per individuare una possibile soluzione per evitare di «alimentare il clima di polemiche» che innescherebbe l'apertura di una pratica a tutela dei magistrati, per la quale comunque, secondo molti, i presupposti ci sarebbero tutti. Ma una pratica a tutela dei magistrati chiamati in causa da Berlusconi avrebbe un secco no dei laici. Identico finale ci sarebbe con una risoluzione di carattere generale da discutere in plenum.
Sta quindi prendendo piede l'ipotesi di una lettera al Comitato di presidenza, perchè esprima al capo dello Stato, in qualità di presidente del Csm, il disagio della magistratura per gli attacchi infondati e le denigrazioni, con l'auspicio del ritorno a un clima di reciproco rispetto tra istituzioni. Una lettera in cui i consiglieri darebbero conto della loro scelta di non replicare al premier con una pratica a tutela proprio per evitare di trascinare il Csm nella campagna elettorale.
Parte dei togati, però, in caso di fallimento di una linea unitaria, sarebbero pronti a chiedere l'apertura di una pratica a tutela dei magistrati accusati dal premier di volerlo eliminare dalla vita politica. Un nome per tutti: Fabio De Pasquale, il pm del processo Mills. La procedura del Csm prevede, infatti, che l'interessato o parte dei membri del Csm chiedano l'apertura di una pratica a tutela dei magistrati per dichiarazioni ritenute lesive del prestigio e dell'onorabilità del singolo o dei togati in generale. (N.Co.)