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I Tea Party all'italiana tra entusiasmo giovanile e amarcord della marcia anti-fisco del 1986

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Questo articolo è stato pubblicato il 12 ottobre 2010 alle ore 15:30.

Il rodaggio del Tea Party Italia si è svolto in circa sei mesi con una serie di incontri ("tappe", nel gergo proprio del movimento) in varie città italiane. Prima a Prato – dove il Tea Party nostrano è nato, su impulso di David Mazzerelli – poi Alessandria, Aversa, Forte dei Marmi, Torino, Catania. In attesa degli appuntamenti di Firenze (1 novembre) e Parma (6 novembre), lunedì sera, all'Università Bocconi di Milano, il Tea Party Italia ha dato vita alla sua prima "tappa nazionale", ospite della European Liberty Conference organizzata dagli Studenti bocconiani liberali.

Circa centocinquanta persone, tra cui numerosi stranieri confluiti in sala direttamente dai lavori della concomitante conferenza, hanno partecipato alla tappa nazionale teapartista, modulata più come occasione di incontro e scambio di idee tra chi sogna una battaglia per la riduzione del carico fiscale e della spesa pubblica che come pensosa serie di allocuzioni e interventi accademici.

Il ricco buffet e l'animata chiacchiera piatto-in-mano tra gli entusiasti combattenti della battaglia anti-fisco hanno prevalso sulla breve serie di interventi oratori. In definitiva si è trattato più che altro di una festa, come ha ricordato uno degli intervenuti, il giornalista Marco Respinti, presidente del Columbia Institute. Eppure sono stati applauditissimi anche i succinti e animati discorsi dal palco.

L'ex presidente del Partito Libertario americano, Jim Lark, ha augurato ai teapartisti italiani di "keep the focus", cioè di non deflettere dal nocciolo della propria proposta, di non allargare il campo ad altre tematiche e di mantenere gelosamente la propria indipendenza dalle strutture partitiche. E in effetti un altro degli intervenuti, l'ex ministro della Difesa Antonio Martino, è stato salutato proprio come politico atipico e quindi potabile al palato del Tea Party. Martino ha impostato le sue parole sul leitmotiv del «io c'ero», rivendicando di aver combattuto quasi in solitaria per decenni una battaglia analoga a quella del Tea Party.

Il ricordo è corso alla marcia torinese anti-fisco del novembre 1986. Trentacinquemila manifestanti e in prima fila tre professori: Sergio Ricossa, Gianni Marongiu e lo stesso Martino. Allora l'accoglienza fu diffidente e freddissima. Martino ricorda il giudizio di Bettino Craxi («In piazza sono scesi solo evasori»), la risposta di Ricossa («Non si è mai visto uno sciopero dei vegetariani contro l'aumento del prezzo della carne») e il fatto che lui stesso si giocò la collaborazione giornalistica con La Stampa scrivendo che etichettare i partecipanti alla Marcia torinese come evasori sarebbe stato come dire che tutti i socialisti erano ladri.

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Tea Party Italy, Forte dei Marmi

Tags Correlati: Adam Smith | Antonio Martino | Bettino Craxi | Bocconi | Claudio Velardi | Columbia Institute | FI | Fisco | Gianni Marongiu | Jim Lark | Marco Respinti |

 

Accanto all'amarcord e ai consigli dei veterani al Tea Party Italia, rimane la consapevolezza che il movimento contro la pressione fiscale e gli eccessi di statalismo e spesa pubblica può incidere soltanto se diventa di massa come negli Stati Uniti. In un intervento cursorio, in piedi e più volte ricominciato a causa dell'indecisione tra lingua inglese e italiano, il presidente dell'Adam Smith Society, Alessandro De Nicola, mostra il suo apprezzamento perché in sala sobbolle «un entusiasmo giovanile non scontato» e trova incoraggiante la consapevolezza che non si debba essere elitari nella battaglia liberale.

Ma se è vero che nel pubblico presente l'età media è decisamente bassa e che, zainetto stravagante in spalla e New Balance ai piedi, Claudio Velardi si mimetizza in una folla di ventenni e poco più, in platea e al buffet è percepibile l'alto tasso di Ph.D. già conseguiti o in via di acquisizione. Un elemento che non sembra mostrare, anche al di là dei numeri ancora ridotti dei partecipanti al Tea Party, i prodromi di un movimento di massa.

In verità il pubblico è esteticamente eterogeneo. Davanti al buffet ventenni pratesi si mescolano ad anziani professori americani adorni di trenta centimetri di barba bianca, un postadolescente imberbe in gessato, cravatta e pochette arancione e distintivo di Forza Italia all'occhiello sbocconcella una tartina a un passo da un ragazzo con occhiali vintage, All Star bianche e nere e un campionario di piercing sul volto, studenti bocconiani in mocassino marron si accalorano in compagnia di coetanei decisamente più fashion victims. Eppure, nonostante un'apparente efficacia ecumenica del richiamo anti-fisco promosso dagli entusiasti avanguardisti del Tea Party Italia, si continua a percepire quel non so che di club per cervelloni innamorati dell'America.

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