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Pizza deposita il logo di Fli: è lite

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Questo articolo è stato pubblicato il 12 ottobre 2010 alle ore 09:01.

Le elezioni rimangono sullo sfondo ma il clima è già da campagna elettorale. Almeno stando alla guerra in atto fra Pdl e Fli sul delicato terreno dei marchi da presentare all'appuntamento con le urne.

La disputa è iniziata ufficialmente l'8 settembre, proprio il giorno in cui Gianfranco Fini decideva di aderire al gruppo Fli di Montecitorio. Due esponenti della Dc di Giuseppe Pizza, sottosegretario all'Istruzione e fedele alleato di Silvio Berlusconi, depositano presso l'ufficio Brevetti del ministero dello Sviluppo economico il simbolo (rappresentato dalla scritta per esteso) e le due denominazioni finora usate dalla compagine finiana: "Futuro e libertà per l'Italia" e "Fli". Fini e i suoi non hanno ancora presentato e brevettato quello che sarà il simbolo da presentare alle elezioni e la mossa dei Dc rappresenta uno scoglio per il futuro utilizzo del nome del gruppo e del costituendo movimento. Tanto è vero che i finiani hanno in men che non si dica presentato un atto di "inibizione" nei confronti dei Dc perché i gruppi parlamentari con il nome Fli esistevano già da qualche settimana.

«Questi signori lo fanno per abitudine» sbotta il capogruppo Fli alla Camera Italo Bocchino evocando le innumerevoli battaglie legali ingaggiate da Pizza nei confronti dei cugini Dc di Casini e non solo per l'uso dello scudo crociato. E dunque non è un caso se, oltre al logo Fli, i due solerti esponenti Dc abbiano depositato anche il logo di "Partito della nazione", che è il nuovo movimento verso cui naviga l'Udc di Pier Ferdinando Casini.

«Non è un buon inizio» commenta il finiano Antonio Buonfiglio, sottosegretario all'Agricoltura ed esperto della materia elettorale che teme il peggio e cioè che dietro l'atto offensivo non ci sia solo Pizza ma il Pdl suo alleato. «Noi non intendiamo aprire il fuoco – chiosa – ma è chiaro che se il clima si inasprisce e se si va alla resa dei conti finale potremmo avanzare ricorsi per inibire a Berlusconi l'uso del simbolo del Pdl». Secondo Buonfiglio infatti le regole scritte nell'atto costitutivo del Popolo della libertà il 27 febbraio 2008 consentirebbero a Fini di opporsi ad un uso del simbolo Pdl fatto senza il suo assenso. Tesi contestata dal senatore Antonino Caruso, uno dei dieci firmatari dell'atto costitutivo del Pdl il quale sostiene che «finché il Popolo della libertà è in vita il simbolo rimane nella sua completa disponibilità» e che il no di uno dei fondatori potrebbe costituire un ostacolo «solo in caso di scioglimento del partito».

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E tuttavia la voce di un possibile cambio di nome e simbolo del Pdl circola insistente. Anche se i vertici danno per certa solo una riorganizzazione del partito: «Io stesso ho sollecitato il premier a riunire un ufficio di presidenza per ridefinire il sistema organizzativo del partito – assicura il capogruppo al Senato Maurizio Gasparri – ma non credo si voglia smantellare né il nome, né il simbolo».

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