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Questo articolo è stato pubblicato il 13 ottobre 2010 alle ore 14:25.
Imprimere un colpo d'acceleratore alla privatizzazione della Rai, già indicata nella legge Gasparri del maggio 2004 e che si sarebbe dovuta concludere l'anno dopo. È questo il senso della proposta di legge, annunciata nei giorni scorsi dal presidente della Camera, Gianfranco Fini, e presentata oggi dal capogruppo di Fli alla Camera, Italo Bocchino, e dal suo vice Benedetto Della Vedova. Secondo la ricetta approntata dai finiani è previsto che «entro il 30 giugno 2011» venga avviato «ad opera del ministero per lo Sviluppo economico di concerto con il ministero dell'Economia, il procedimento per l'alienazione della partecipazione dello Stato nella Rai». Operazione da portare a termine entro il 31 dicembre 2011.
L'uscita dello Stato dalla Rai, dove oggi si registra l'ennesimo scontro attorno a Michele Santoro, porterebbe tra i 3 e i 4 miliardi di euro nelle casse dell'Economia in base ai calcoli di Fli. Senza contare, poi, le economie collegate all'abolizione del canone: i cittadini arriverebbero a risparmiare una cifra pari «all'abolizione dell'Ici», circa un miliardo e seicento milioni di euro. Il finanziamento del servizio pubblico avverrebbe attraverso «una addizionale sul reddito delle società che percepiscono ricavi derivanti dalla trasmissione di spot pubblicitari televisivi». «Si tratta - ha chiarito Della Vedova - di una piccolissima tassa, certamente non paragonabile per peso al canone». La proposta, ha spiegato Bocchino in conferenza stampa, «non contrasta con il programma di governo», semmai risponde al punto che prevede la diminuzione della pressione fiscale, e per questo Fli, aggiunge ancora il capogruppo, «la voterà in Parlamento con chi ci sta, senza vincoli di maggioranza», ma ben lieta se a sostenere il provvedimento ci siano anche Pdl e Lega.
Per i finiani, dunque, la privatizzazione è l'unica strada per salvare la Rai ed evitare che subisca il destino «della liquidazione» toccato ad Alitalia. «Tra dieci anni - ha sottolineato Bocchino - potrebbe non essere in condizioni di avere uno spazio di mercato». Il capogruppo ha poi ricordato come l'81% della pubblicità sia divisa tra Rai e Mediaset, mentre privatizzarla significherebbe anche «togliere la politica dalla Rai e offrire un servizio migliore». Non a caso la proposta interviene anche sull'affollamento pubblicitario stabilendo che «la trasmissione di spot pubblicitari televisivi da parte delle emittenti e dei fornitori di contenuti televisivi in ambito nazionale non può eccedere il 15 per cento dell'orario giornaliero di programmazione e il 18 per cento di ogni ora».