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Questo articolo è stato pubblicato il 13 ottobre 2010 alle ore 17:00.
Gli emendamenti inseriti nella riforma Gelmini sono tali da «pregiudicare la stabilità dei conti di finanza pubblica»: è quanto si legge nella relazione tecnica che il Tesoro ha inviato alla commissione Bilancio della Camera che deve esprimere il proprio parere sul Ddl Gelmini. La commissione Bilancio è convocata per giovedì mattina alle 9, mentre il provvedimento resterà in "stand-by", in attesa delle coperture, in particolare per quanto riguarda la norma dei concorsi per i ricercatori universitari, che verranno reperite in manovra o con il decreto milleproroghe e riprenderà il suo cammino alla Camera tra novembre e dicembre.
A ritardare i lavori la nota del Tesoro che di fatto boccia il piano per i nuovi concorsi da associato fino al 2016, che avrebbero dovuto far passare di ruolo circa 9mila ricercatori. Il piano, proposto attraverso un emendamento ad hoc dalla relatrice al Ddl Gelmini, la pidiellina Paola Frassinetti, prevede un esborso di 1,7 miliardi tra il 2011 e il 2016 e 480 milioni annui dal 2017 in poi.
Somme che, sempre secondo la norma pro ricercatori, sarebbero dovute arrivare dal fondo per interventi strutturali di politica economica. Un fondo, sottolineano da via XX Settembre, «già impegnato per l'attuazione della manovra di bilancio relativa al 2011», e che comunque dal 2012 «risulta incapiente». Il "consiglio" quindi è di modificare o sopprimere la disposizione. Un'ipotesi vista con il fumo negli occhi dalla maggioranza e soprattutto da Futuro e libertà, che in mattinata aveva chiarito su questo punto il proprio pensiero: «o ci sono le risorse o chiederemo il ritiro del Ddl Gelmini», aveva dichiarato in una nota il finiano Fabio Granata. Sulla stessa linea il Pd, che con Massimo Vannucci spiega: «Piuttosto che raffazzonare un testo che non sta in piedi, prima si trovino le risorse, poi si discutano le modifiche nel merito».
Ma la doccia fredda del Tesoro non si ferma ai soli ricercatori. Disco rosso anche all'emendamento che prevede la possibilità per gli studenti da 110 e lode di non restituire eventuali prestiti d'onore richiesti al fondo per il merito: la mancata restituzione rischia di alterare «l'equilibrio del fondo», scrive il Tesoro, che chiede di fatto il ritiro pure per l'articolo 3-bis, che porta, tra gli altri, la firma di Maurizio Lupi (Pdl) e che prevede la «deducibilità del 100% dei trasferimenti a titolo di contributo versati a favore dell'università», norma che, secondo il Tesoro, «determina una perdita di gettito di 180milioni di euro per il 2012 e di 100 milioni a decorrere dal 2013». Stessa musica, "un secco no", per l'emendamento che consente di detrarre, nella misura dell'80%, i soldi versati da privati al fondo per il merito.