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La resa della Valle Camonica Futuro incerto per 7mila addetti

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Questo articolo è stato pubblicato il 20 ottobre 2010 alle ore 09:01.

Oltre settemila persone in cassa integrazione, rispetto a una forza lavoro complessiva di circa 50mila unità. Con un peso degli assegni Inps sul totale del quattordici per cento, la Valle Camonica, zona della provincia di Brescia che fino a poco tempo fa ospitava alcune tra le principali aziende tessili della regione, è ormai un territorio ad alta densità di utilizzo di ammortizzatori sociali. «Considerando soltanto il tessile – spiega Gianfranco Bertocchi, segretario della Cisl del comprensorio sebino camuno – sono circa un migliaio le persone che stanno usufruendo della cassa integrazione ininterrottamente da più di due anni. In queste zone le possibilità di ricollocamento ormai sono prossime allo zero».

La situazione camuna è il risultato di una miscela di ragioni diverse. Da un lato pesa la tipologia di attività prevalente che caratterizza il territorio: questa valle bresciana ha da sempre ospitato cotonifici, aziende tessili, aziende metalmeccaniche. Lavorazioni base, poco valore aggiunto. Aziende che, negli anni, pur con le dovute eccezioni, hanno faticato ad aggiornarsi alle nuove richieste del mercato e, lentamente ma progressivamente, sono state messe alla porta dalla concorrenza dei paesi emergenti.

Molti lavoratori, poi, hanno più di cinquant'anni e quindi faticano a trovare un nuovo impiego. Tra questi le donne sono la maggioranza, la loro specializzazione è ridotta, il tasso di scolarità è basso. A questo si aggiunge anche la bassa propensione alla mobilità, e le difficoltà di trasporto in un valle scarsamente collegata con il resto della provincia.

Alcune vicende, in questo territorio, sono emblematiche per capire come il tampone della cassa integrazione sia diventato in questi anni, una triste regola.

L'esempio più evidente è quello del cotonificio Olcese di Cogno, fondato nel lontano 1905 da Vittorio Olcese. Una storia infinita quella del gruppo tessile, che occupa stabilmente le cronache sindacali bresciane da più di dieci anni. Il primo provvedimento di cassa integrazione per questo gruppo, che possedeva stabilimenti in tutta Italia, risale addirittura al 1993. Salvo qualche breve interruzione, l'azienda ha fatto ricorso agli ammortizzatori sociali da allora fino ad oggi.

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Le 10 imprese dove la cassa si è trasformata in vitalizio

Prima un periodo di cassa ordinaria. Poi due anni di straordinaria. Poi, di nuovo, la cassa in

Tags Correlati: Brescia | Cisl | Esuberi e licenziamenti | Franzoni | Gianfranco Bertocchi | Inps | Legnano | Newcocot | Puglia | Vittorio Olcese

 

«In molti casi si è trattato di leggi speciali, azioni concordate ai tavoli del ministero del Lavoro e dello Sviluppo, decreti per la mobilità lunga estesi – spiega Gianfranco Bertocchi. In Olcese molti lavoratori, anche se a rotazione – conferma il sindacalista – sono comunque rimasti in cassa integrazione ininterrottamente dal 1993 al 2006. Tredici anni. Quattro anni fa l'azienda è entrata nell'orbita della società Newcocot, che ha affittato l'azienda, perfezionando l'acquisizione definitiva nel 2008. Nel frattempo è stato fatto anche l'accordo per l'acquisizione di un ramo d'attività della Manifattura di Legnano, altr a azienda tessile in crisi e in cassa integrazione a sua volta dal 2001: è stata rilevata la ex Legnano Tinti di Cividate Camuno. Ma già dal 2007 era ripresa la cassa integrazione per Olcese. Anche oggi – conclude Bertocchi – i dipendenti rimasti sono in cassa integrazione straordinaria per riorganizzazione aziendale».

Altra vicenda territoriale è quella relativa alla Franzoni filati, azienda tessile di Esine, sempre in Valle Camonica. Attualmente stanno usufruendo della cassa in deroga, in attesa di potere rientrare nel quinquennio per potere accedere alla cassa straordinaria, 140 persone: una trentina di amministrativi e altri tecnici che stanno lavorando in Bosnia, nel nuovo stabilimento da poco avviato dal gruppo. Qui in Italia (l'azienda possiede altri 150 lavoratori a Trani, in Puglia) l'attività è cessata da tempo. Le macchine non girano più. Sono rimasti solo i lavoratori con la cassa integrazione.

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