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Le reazioni dei sindacati alle parole di Marchionne

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Questo articolo è stato pubblicato il 25 ottobre 2010 alle ore 09:44.

L'allarme lanciato dall'ad di Fiat sulla difficoltà per l'azienda di guadagnare in Italia è difficile da comprendere «se non si ragiona sulla cassa integrazione e non si dice che ci sono 20mila lavoratori Fiat in Cig» (cassa integrazione guadagni). Così il segretario Generale della Cgil Guglielmo Epifani risponde alle parole pronunciate dall'ad di Fiat Sergio Marchionne nel corso della trasmissione Che tempo che fa.

«La verità e che i nostri prodotti non incontrano il mercato e se produci meno, con tanta Cig, è difficile guadagnare e fare utili» ha detto il leader della Cgil nel corso di una puntata registrata di Porta a Porta. Secondo Epifani inoltre «non si può far finta di pensare che da un turno di lavoro dipende se la Fiat va avanti o no sul mercato». Il leader della Cgil ha aggiunto: «Abbiamo firmato 12mila accordi, tra cui quello di Unicredit e di Telecom Italia. Quelli non firmati si contano sulle dita di una mano. Non ci sto a chi dice che la Cgil e la Fiom non firmano mai. Se non firmiamo un accordo (il riferimento è allo stabilimento Fiat di Pomigliano d'Arco ndr.) vuol dire che ci sono problemi seri».

In un colloquio con il quotidiano la Repubblica, Epifani aveva già criticato aspramente le parole di Marchionne. L'ad di Fiat, ha dichiarato il leader sindacale, «scarica le colpe sugli operai». Quella di Marchionne è «una prova di forza» e lui «è un grandissimo negoziatore». E poi ha aggiunto: «La verità è che vorrebbe andarsene dall'Italia. D'altra parte - dice - è lui stesso che continua a dirlo. Non a caso sostiene di non avere più debiti con il nostro Paese. È come se si sentisse obbligato a stare qui da noi, mentre il gruppo è sempre più americano, forte in Brasile e negli Stati Uniti».

«Avevamo capito da tempo - sostiene Epifani - che Marchionne fosse molto scettico sul futuro della Fiat in Italia. Lo avevamo capito dopo la decisione di chiudere lo stabilimento siciliano di Termini Imerese e poi dall'ipotesi per molto tempo in ballo di chiudere anche Pomigliano d'Arco. Abbiamo assistito - aggiunge il leader della Cgil - a una sorta di roulette russa. Davvero c'è qualcosa che non torna».

Dure anche le parole del segretario generale della Fiom Cgil, Maurizio Landini. «La Ferrari e la Sevel dove sono, in Lussemburgo? Mi sembrano che facciano degli utili» ha detto rispondendo aMarchionne che ieri ha puntato il dito sugli stabilimenti italiani affermando che senza di questi la Fiat «farebbe meglio», dato che «nemmeno un euro dei due miliardi di utile viene dall'Italia». «Secondo me - ha proseguito Landini dopo aver incontrato i membri del direttivo Fiom di Bergamo e provincia - Marchionne ha raccontato tante cose inesatte e un po' di balle, perché dice cose che non sono vere».

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«Io intanto - ha aggiunto il sindacalista - continuo a non vedere qual è il suo piano industriale»

Aumento dei salari «legati alla produttività», «ripartizione degli utili» e partecipazione dei lavoratori «alle decisioni dell'azienda». Sono queste le sfide che il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, lancia all'amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne. In un'intervista al Corriere della Sera Bonanni commenta le dichiarazioni del numero uno di Fiat. «Ne avevamo parlato - afferma Bonanni - occorre vedere insieme come si può arrivare ad un utilizzo intensivo degli impianti adeguandoci a ciò che avviene in altri Paesi europei. Sappiamo che le difficoltà stanno più lì che nel costo del lavoro. E' di questo che dobbiamo parlare».

«Lancio una sfida all'amministratore delegato del Lingotto - afferma Bonanni- arriviamo al pieno utilizzo degli impianti in cambio non solo del salario di produttività, ma anche della ripartizione degli utili e si arrivi ad un livello alto di partecipazione delle decisioni aziendali. Si tratta di scelte che possono scatenare una rivoluzione rispetto ai vecchi rapporti industriali».

Sergio Marchionne parla «come se la Fiat fosse una multinazionale straniera che deve decidere se investire in Italia», attacca Giorgio Airaudo, responsabile del settore auto della Fiom Nazionale. Ma anche gli altri sindacati, con sfumature e toni diversi, non apprezzano le parole dell'amministratore delegato della Fiat.

«Marchionne - dice Rocco Palombella, segretario generale della Uilm - deve evitare di continuare ad umiliare i lavoratori e il sindacato che si è assunto la responsabilità di gestire anche accordi difficili». Palombella invita il manager del Lingotto «a chiarire una volta per tutte quale sia la reale intenzione della Fiat. Se vuole davvero invertire il rapporto tra la quantità di auto prodotte all'estero e quelle fabbricate in Italia - osserva - deve smetterla di fare dichiarazioni che sono la negazione di ciò. Un gruppo industriale che chiede responsabilità e consenso non può continuare a dire che dell'Italia non sa che farsene. È un errore strategico».

Per Bruno Vitali, responsabile Auto della Fim, «Marchionne deve credere di più nell'Italia e smettere di tenere tutti appesi. Ha sempre detto che qui perde, ma se investirà anche l'Italia genererà profitti come avveniva prima della crisi. Gli impianti sono nuovi e i lavoratori sono pronti a fare la loro parte». Apprezzabile, sostiene Vitali, l'idea di monetizzare con aumenti salariali l'incremento di efficienza nelle fabbriche.

«Io mi accontenterei che i lavoratori avessero il premio di risultato tagliato a luglio», osserva Airaudo che critica l'idea che «competitività e produttività si recuperino intervenendo sul fattore lavoro». Il segretario della Fiom precisa che a Mirafiori non è già in vigore il sistema di pause di 3 pause di 10 minuti anzichè quello di 2 da venti proposto per Pomigliano e Melfi. «È curioso comunque - ironizza - che in uno stabilimento che fa tre settimane di cassa integrazione al mese si considerino utili dieci minuti in più di produzione».

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