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Questo articolo è stato pubblicato il 28 ottobre 2010 alle ore 06:37.
«Questi accertamenti vanno per le lunghe, di solito. Temo che dall'inizio 2011 le Procure saranno inondate da notizie di reato frutto del condono Iva. Prima però andrebbe fatta chiarezza su tanti aspetti per evitare una confusione che rischia di danneggiare solo i contribuenti». A sollevare più di una perplessità sulla vicenda del condono tombale Iva, censurato dalla Corte di giustizia Ue e dalla Cassazione, è Domenico Seccia, fino a luglio alla Dda di Bari, oggi a capo della Procura di Lucera e presidente di sezione nella commissione tributaria della città barese.
Procuratore, l'amministrazione finanziaria non sembra avere dubbi sulla disattivazione del condono Iva.
A mio avviso, servirebbe un supplemento di riflessione sull'intreccio di sentenze e provvedimenti legislativi. Si dà per scontato, ad esempio, che la Corte Ue e la Cassazione abbiano "abrogato" le norme sul condono. E invece hanno solo detto che, essendo incompatibili con i principi comunitari sugli aiuti di Stato, vanno disapplicate dal giudice. Questo vuol dire che i comportamenti illeciti coperti dalla causa di non punibilità della sanatoria prevista dalla legge 289 del 2002 non riemergono automaticamente.
Altrimenti, tutte le istanze di condono presentate all'epoca si trasformerebbero in "auto-denunce"?
Esatto. E ne dovrebbero scaturire, logicamente, accertamenti a raffica. Peraltro con disparità di trattamento palesi. Come dovrebbero sentirsi coloro che subiscono un controllo di questo tipo rispetto alle migliaia di contribuenti che hanno potuto esibire il condono nei processi che li riguardavano ottenendone l'immediata cessazione? E poi c'è un'altra contraddizione.
A cosa allude?
Sarebbe da verificare l'incidenza dell'allungamento dei termini di prescrizione dell'accertamento post Bersani rispetto alla prescrizione dell'illecito penal-tributario. La decorrenza di quest'ultimo potrebbe anche dipendere dai tempi dell'accertamento, specie per i profili di interruzione della prescrizione penale.
Vuol dire che i fatti penalmente rilevanti denunciati non sarebbero già prescritti negli ordinari sei anni?
Un reato prescritto non è un reato per la Cassazione e noi abbiamo l'obbligo di non iscriverlo nel modello 21. Evidentemente se l'amministrazione finanziaria trasmette la denuncia ritiene che un reato in qualche modo persista. Viceversa, tutto si risolverebbe in un escamotage con scarsi fondamenti giuridici. (M.Bel.)