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Berlusconi sicuro: l'ondata di fango non mi fermerà (discorso integrale). Fli divisa tra falchi e colombe

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Questo articolo è stato pubblicato il 04 novembre 2010 alle ore 13:44.

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Chi si aspettava un nuovo strappo da Silvio Berlusconi è rimasto deluso. Il premier, che si fa attendere un'ora al complesso monumentale di Santo Spirito in Sassia, dove oggi ha riunito il suo Pdl, alla fine consegna alla platea un'indicazione chiarissima per Gianfranco Fini e i suoi. Un ultimatum? Forse. Di certo Berlusconi non intende mollare. «Un governo senza di noi sarebbe un governo degli illegittimi e degli sconfitti», scandisce chiamando in causa Bersani e l'opposizione. Ribadisce che «l'ondata di fango non mi fermerà». Per fornire poi una sua interpretazione dello stillicidio di notizie che lo sta investendo. «Visti i colpi che stiamo infierendo alla criminalità organizzata, nessuno oggi può con certezza escludere che alcune cose che accadono siano frutto della vendetta della malavita».

Il messaggio più importante del discorso è però per il presidente della Camera. «Gli aderenti a Futuro e libertà - avverte il Cavaliere - hanno introdotto una forte dialettica nella maggioranza e mi auguro che il bisogno di diversità non li porti alla subalternità politica e culturale rispetto alla sinistra già condannata alla decadenza». Quindi rivolge all'ex leader di An un interrogativo preciso. «Se rispetto a un mese fa e ai cinque punti votati dal parlamento non è cambiato nulla, è necessario andare avanti e assumersi l'impegno di portare a termine la legislatura». Se invece, ammonisce ancora Berlusconi, «Futuro e libertà ritiene conclusa l'esperienza di governo lo deve dire con chiarezza e subito».

Insomma al numero uno di Futuro e Libertà, che sabato e domenica riunirà i suoi a Perugia, il Cavaliere propone un patto di legislatura. «Se c'è voglia di andare avanti con questo governo siamo pronti a stabilire con Fli e Lega un patto di legislatura e a proporre un rinnovamento del sistema di alleanze dentro il centrodestra». Dice che «noi siamo pronti ad andare alle elezioni» se da Fli dovesse arrivare una bocciatura. Ma è chiaro a tutti che, in cuor suo, non vuole questo scenario. «L'importante è la chiarezza – precisa Berlusconi -. Va bene rivendicare la propria autonomia, ma occorre essere chiari, c'è la disponibilità di prendere atto di una diversa scelta politica nel centrodestra. Se non si intende andare avanti bisogna dirlo con chiarezza e subito. Noi siamo pronti a raccogliere la sfida e ad andare alle urne».

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Un invito a fare una scelta netta, dunque, che arriva quasi alla fine del suo intervento. Cominciato in mezzo agli applausi e scandito, in apertura, dall'inno nazionale. Cantano tutti, canta anche Berlusconi e i tre coordinatori che lo aspettano al tavolo. Lui esordisce scusandosi per il ritardo e ricordando il suo impegno mattutino (il vertice con il premier belga e presidente di turno dell'Ue Yves Leterme). «Mi ha raccontato la situazione del Belgio, non è una situazione facile perché da moltissimi mesi non riescono a formare un governo». E qui arriva la prima sottile stoccata. «Il frazionamento dei partiti politici è il peggior guaio che possa capitare a una democrazia».

Poi continua fissando una precisa road map per il partito nei prossimi mesi. «Una direzione nazionale almeno una volta al mese, la riunione dei gruppi una volta ogni 15 giorni e soprattutto una campagna di tesseramento per arrivare a un milione di iscritti». Un obiettivo da sempre accarezzato dal Pdl e che il premier ribadirà anche alla fine del suo intervento. In cui non mancano stoccate alla sinistra e «alla campagna mediatica di falsità e di fango» montata dalle forze dell'opposizione e da certa stampa. In Italia, ammonisce Berlusconi, «c'è un primato anomalo che non ha nessun fondamento nelle regole della democrazia, il primato di quelle forze, di quei poteri che per interessi di casta e solo personali con espedienti costruiti ad arte in certe procure mi muovono attacchi gravi e immotivati fondati sul nulla, anzi sull'invidia e sull'odio».

Il Cavaliere prova quindi a serrare i ranghi. Lo aveva fatto subito, derogando rispetto al discorso scritto dallo stato generale del Pdl «che è democrazia del partito», per rimarcare che «io per ben sette volte alle decisioni assunte nell'ufficio di presidenza anche se non ero assolutamente d'accordo». Quindi attacca con i risultati raggiunti dall'esecutivo. A cominciare dai giovani e dai tre obiettivi centrati sul fronte della riforma dell'istruzione. «Dobbiamo approvare la riforma universitaria già votata dal Senato», prosegue il premier. «Non mi nascondo che la difficile congiuntura ci ha impedito di destinare ai giovani tutte le risorse che avremmo voluto, ma le risorse arriveranno». Ma l'agenda resta quella annunciata. «Entro il 16 novembre vareremo un decreto che contiene il piano per il Sud, i finanziamenti all'università, i finanziamenti per gli ammortizzatori sociali, agevolazioni per le aziende, il cinque per mille, il sostegno alla cultura e quanto altro possibile e necessario». E, nei prossimi giorni, aggiunge, prima del 12 novembre, sarà presentato anche «il piano nazionale di riforma proiettato al 2020», in cui saranno inclusi «il ritorno al nucleare, la riforma fiscale».

Berlusconi passa poi in in rassegna i traguardi conseguiti. Parte con il fisco dove ricorda il contrasto all'evasione fiscale e l'introduzione della cedolare secca sugli affitti. E promette che non ci saranno nuovi tributi. «Non tasseremo mai i Bot e la casa come vuole la sinistra, per non toccare i risparmi delle famiglie che si fidano dello Stato». Subito dopo rammenta il riassetto della giustizia ponendo l'accento sulla riforma del processo civile. Nessun accenno ai temi più caldi del dossier: le intercettazioni ma anche lo scudo processuale per le alte cariche dello Stato. Poi l'attenzione si sposta sulle infrastrutture e sulle pmi che, dice il Cavaliere, «sono il nostro petrolio». Non prima di aver rivendicato i «successi» del governo contro la mafia. «Per la prima volta si profila la possibilità di sconfiggere e debellare per sempre la piaga della mafia e della criminalità organizzata». Quindi aggiunge un timore: «Visti i colpi che stiamo infierendo, nessuno oggi può con certezza escludere che alcune cose che accadono siano frutto della vendetta della malavita».

Il premier dedica quasi tutto il suo intervento a difendere l'operato del Governo. «Nonostante tre finanziarie rigorose e 13 provvedimenti distinti la sinistra continua a dire che il governo non fa nulla, l'ho sentito ancora ieri da Bersani». Ma Berlusconi non ci sta e ricorda che «nel pieno della crisi economica abbiamo messo in sicurezza i conti pubblici, abbiamo salvaguardato la coesione sociale e tutelato i posti di lavoro con risorse ingenti e senza mettere le mani nelle tasche degli italiani». Noi, avverte il premier rivolto alla sinistra, ma anche ai finiani, «non faremo un passo indietro ma cinque passi avanti». Cinque quanti sono i punti programmatici su cui l'esecutivo ha strappato la fiducia delle Camere un mese fa. Quindi annuncia che il Consiglio dei ministri di domani licenzierà la riforma della sicurezza. «Siamo pronti ad approvare la riforma giustizia e il piano sud entro la fine del mese sulla base di testi condivisi dalla maggioranza».

Quella giustizia, sottolinea il Cavaliere, che «resta un tassello fondamentale per lo sviluppo e la democrazia del paese, è scritto a chiare lettere nel nostro programma elettorale». Quindi il premier nega che nella riforma si voglia portare avanti l'assoggettamento dei pm all'esecutivo e ribadisce la necessità di arrivare «a un processo equo, giusto e nella piena parità delle parti». Ripartiamo, aggiunge, «dalla separazione delle carriere e degli ordini» e dalla riforma del Csm.

La chiusura è invece tutta dedicata ai suoi. A loro, al gotha del Pdl seduto in prima fila, ma anche ai parlamentari che affollano le retrovie, si rivolge affinché «dimostriamo che siamo la classe dirigente capace di fare ciò che è necessario per condurre il paese verso futuro di modernità». Poi il cavaliere riporta l'attenzione sul partito logorato dalle correnti, dallo scontro con Fini e dagli ultimi scandali che l'hanno travolto. «Il Pdl - dice - non è meno importante del governo, è roccaforte per difendere l'esecutivo che va preservata e conservata«. Dobbiamo, è l'appello del premier, mostrare «un Pdl forte e stretto intorno al suo leader e al suo governo». Poi ribadisce il percorso che attende il partito nei prossimi mesi («congressi provinciali e comunali entro luglio») e soprattutto l'obiettivo dell'allargamento: un milione di tessere per radicare ancor di più sul territorio la sua creatura.

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