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Scontro tra Karzai e Petraeus, mentre Obama pensa al piano Afghanistan 2014

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Questo articolo è stato pubblicato il 15 novembre 2010 alle ore 13:59.

Il presidente afghano critica duramente le iniziative militari statunitensi e il generale Petraeus risponde altrettanto duramente minacciando le dimissioni da comandante dell'International Security Assistance Force . A quattro giorni dal Vertice della Nato di Lisbona che ufficializzerà il piano dei transizione graduale delle responsabilità di sicurezza tra le truppe alleate e quelle di Kabul, grane diplomatiche si aggiungono all'escalation degli attacchi talebani scatenati non a caso alla vigilia del summit dell'Alleanza Atlantica. Mentre gli scontri tornano a intensificarsi soprattutto nella provincia di Helmand il "fronte" più caldo sembra essere quello di Kabul, dove il governo afghano mostra sempre più insofferenza nei confronti di Washington.


In un'intervista rilasciata al Washington Post il presidente Hamid Karzai aveva attaccato la strategia delle incursioni mirate condotte dalle forze speciali che ha portato all'uccisione o alla cattura di centinaia di comandanti talebani. «E' giunto il momento di ridurre le operazioni militari e la presenza di soldati in Afghanistan, di ridurre l'intrusione nella vita quotidiana degli afghani». Perché «non è desiderabile per il popolo afghano avere 100.000 o più soldati stranieri che vanno in giro senza fine nel Paese, deve esserci un piano interno in cui aumenta la presenza afghana e cala quella Nato. Noi vorremmo che le campagne, i villaggi, le case, le città afghane non fossero così dominate dalla presenza militare. La vita deve sembrare più normale».

Parole pesanti che al quartier generale alleato sono sembrate gratuite soprattutto perché nell'Afghanistan in guerra il ritiro delle truppe alleate dai villaggi significherebbe lasciare il controllo del territorio ai talebani, come Karzai sa benissimo. Il presidente ha criticato le incursioni alleate nelle abitazioni. «Devono cessare, al popolo afghano non piacciono. Se sono necessarie, devono esser fatte dal governo afghano secondo leggi afghane, su questo c'è un continuo disaccordo fra noi». Frasi che sembrano voler strizzare l'occhio ai talebani con i quali Karzai però ha detto di aver avuto pochi contatti, incontrando loro leader «una o due volte» ma che i colloqui sono stati poco più che «uno scambio di desideri di pace. La pensano come noi e cioè che troppa gente soffre senza ragioni. Le loro stesse famiglie stanno soffrendo». Karzai ha poi liquidato l'ambasciatore Usa in Afghanistan, l'ex generale Karl Eikenberry, che lo aveva definito «un partner strategico inadeguato». «Se essere un partner - ha replicato il presidente afghano - significa essere spettatori silenziosi di eventi condotti da Wahington, se è questo il tipo di partner che cercate, allora non sono un partner, ne' lo è il popolo afghano».

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Afghanistan 2014: guerra finita. La direttiva in un documento riservato della Casa Bianca

NEW YORK - Anno 2014: la guerra è finita. La direttiva è in un documento riservato della Casa

Tags Correlati: Ashraf Ghani | David Petraeus | Hamid Karzai | International Security Assistance Force | Kabul | Karl Eikenberry | Lisbona | Nato | Politica | Stati Uniti d'America | Zalmai Rasoul

 

L'offensiva di Karzai sembra aver colto di sorpresa la Casa Bianca, ormai pronta ad annunciare il via libera al ''processo di transizione'' . Il governo afghano dovrebbe avere il controllo delle operazioni di sicurezza ''entro la primavera'' 2011 ma allo stesso tempo la Nato si appresta a presentare a Lisbona un piano in base al quale non vi sarà alcun ritiro delle truppe prima del 2014 annullando di fatto il precedente ordine di Obama per l'avvio del ritiro dal prossimo luglio. L'unica risposta alle parole del presidente afghano è giunta dal generale David Petraeus per il quale le dichiarazioni di Karzai rischiano di minare in modo serio i progressi compiuti sul terreno e di mettere il comandante della coalizione militare in Afghanistan in una posizione insostenibile.

Funzionari afgani e statunitensi citati dal quotidiano americano hanno riferito che Petraeus si è rivolto ad esponenti dell'amministrazione Karzai per esprimere «costernazione e delusione». Nel corso di un incontro con Ashraf Ghani, responsabile per la transizione del governo di Kabul, Petraeus avrebbe ipotizzato di dimettersi in caso di impossibilità per gli Stati Uniti e la Nato di condurre al meglio le operazioni militari.

«Petraeus non ha mai veramente minacciato di andarsene ma le sue osservazioni a Ghani riflettono la serietà della situazione», ha spiegato un alto ufficiale Nato. Che la situazione sia tesa lo confermano anche i fatti delle ultime ore. Petraeus ieri non ha preso parte ad un incontro programmato con Karzai e il portavoce presidenziale ha cancellato una prevista conferenza stampa. Fonti governative afghane sembrano tentare di ricucire lo strappo sottolineando il pieno rispetto di Karzai nei confronti di Petraeus e della sua strategia ma, al tempo stesso, gli attacchi alla gestione statunitense della guerra sono stati reiterati oggi dal ministro degli Esteri, Zalmai Rasoul, in una conferenza stampa durante una visita a Teheran. «Le guerre non devono essere combattute nei villaggi, la gente deve essere protetta, non messa in pericolo'' ha ribadito Rasoul aggiungendo che 'la presenza militare non è la sola soluzione per la sicurezza in Afghanistan, che deve essere anche politica e la lotta al terrorismo non può essere condotta solo in Afghanistan, perché è un problema regionale». La guerra delle parole, come quella combattuta con le armi, non sembra destinata a chiudersi in breve tempo.

Afghanistan 2014: guerra finita. La direttiva in un documento riservato della Casa Bianca (dal nostro corrispondente Mario Platero)

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